Balcani specchio dell'Occidente
Intervista a Božidar Jezernik, autore di "Europa Selvaggia", il nuovo libro della collana La Biblioteca di Ulisse.
Quali pregiudizi e fraintendimenti entrano in gioco quando si visita un altro paese? E, ancora, è possibile avere uno sguardo del tutto obiettivo e neutro quando si è in viaggio? Europa Selvaggia risponde a queste domande attraverso una ricognizione avvincente e gustosa delle cronache scritte da chi esplorò i Balcani tra XVI e XX secolo e contribuì a costruirne l'immagine di terra desolata e barbara. Per introdurre alla lettura, abbiamo intervistato l'autore, l'antropologo sloveno Božidar Jezernik. Ciò che emerge è un'illuminante e attuale analisi del gioco di specchi che talvolta si crea dall'incontro tra diverse culture.
[caption id="attachment_146578" align="alignleft" width="250" caption="Božidar Jezernik"][/caption]
Professor Jezernik, qual è l'obiettivo del suo libro? Perché resoconti sui Balcani scritti da viaggiatori del passato sono una lettura chiave ancora oggi?
Il viaggio è da sempre un elemento importante per la formazione degli europei, così come è uno strumento fondamentale nella costruzione della nostra visione del mondo. Il problema è che molto spesso gli autori di viaggio e i loro lettori dimenticano che gli altri paesi e popoli si trasformano con facilità in uno specchio capace di riflettere non tanto la realtà dei luoghi che si visitano quanto loro stessi, la loro civiltà e la loro cultura. Questo è un aspetto da tenere ben presente soprattutto oggi, nel nostro mondo troppo facilmente costretto sotto l'etichetta di "villaggio globale".
Il termine "Balcani" è una parola neutra? Dalla lettura del suo libro sembra che rispecchi un determinato punto di vista.
Proprio così, lo rispecchia eccome. Il lessico geografico è neutro quando si parla, per esempio, di Appennini o Penisola Iberica. La parola Balcani rappresenta, invece, un'eccezione tristemente famosa. A meno che non la si utilizzi per indicare una precisa catena montuosa della Bulgaria, ricorrere al termine "Balcani" significa introdurre un pregiudizio ideologico, con riferimenti più o meno sotterreanei a immagini di corruzione, indolenza, inaffidabilità, cupidigia, disprezzo per le donne, propensione alla congiura e al complotto, bellicosità, pulizia etnica, indolenza, superstizione, strapotere della burocrazia e altro ancora. Nelle stesse lingue di questa regione, nelle quali fu introdotto alla fine dell'Ottocento, il termine si caricò ben presto di significati negativi, divenendo sinonimo di arretratezza e mancanza di civilizzazione.
Il suo libro esplora oltre 1000 resoconti di prima mano. Quali autori hanno saputo vedere più lontano o essere più acuti nelle loro pagine?
Nella mia ricerca, in realtà, ho fatto riferimento a circa seimila volumi. In questo mare magno spicca senza dubbio il Viaggio in Dalmazia di Alberto Fortis. Pubblicato nel 1774, il libro di questo abate agostiniano è l'opera che forse ha influito maggiormente nel costruire l'immagine della sponda orientale dell'Adriatico. Quando apparve, fu recepito come una rivelazione epocale di un mondo vicino ma primitivo, intriso di una profonda e poetica bellezza fino a quel momento ignorata. Fu proprio la traduzione in italiano dell'Hasanaginica (una ballata popolare del XVII secolo, N.d.R.) condotta da Fortis a far conoscere a Goethe il valore della poesia slava meridionale e a spingerlo a cimentarsi nella traduzione in tedesco.
Perché il punto di vista dei resoconti di viaggio raccolti nel libro è spesso così soggettivo?
Le relazioni di viaggio sono per definizione testi in cui prevale la dimensione personale. In qualunque epoca si viaggi e ovunque si sia diretti lo si fa sempre portando con sé l'inevitabile bagaglio della propria cultura e dei propri pregiudizi. E, ancora, ovunque si arrivi non possiamo fare a meno che osservare le persone e i luoghi intorno a noi con gli occhi e le categorie che abbiamo ereditato dalla nostra cultura di provenienza.
Quali luoghi-simbolo dei Balcani il viaggiatore di oggi non dovrebbe perdere?
L'esperienza mi insegna che Istanbul, non a caso chiamata la "Regina delle città", è un luogo imperdibile. Tutti i Balcani, però, sono disseminati di città che sono descritte, non a torto, come meravigliose e affascinanti dai viaggiatori del nostro tempo. I loro nomi sono a volte celebri, come Atene, Dubrovnik, Mostar o Thessaloniki, a volte meno, come Kotor, Plovdiv, Prizrend, Jajce. Di una cosa sono sicuro: chiunque abbia visitato quei luoghi potrebbe allungare di molto il mio elenco.
Quali sono i peggiori pregiudizi da evitare considerando i Balcani di oggi?
I pregiudizi non mancano, lo si è visto. Il peggiore, in ogni caso, è quello che porta a considerare gli abitanti dei Balcani bellicosi e sanguinari. Fu proprio seguendo questo modo di pensare che un viaggiatore americano arrivò ad affermare che l'origine del nazismo andrebbe ricercata nello Spettro dei Balcani. Fate un esercizio e provate a confrontare il numero di guerre combattute negli ultimi cinque secoli tra due paesi come la Gran Bretagna e la Francia e quello dei conflitti tra i popoli balcanici. Bene, vi accorgerete di quanto infondato sia il pregiudizio.
Quale romanzo consiglierebbe di mettere nello zaino insieme a Europa Selvaggia per accompagnare un viaggio attraverso i Balcani?
Per i lettori appassionati di incursioni nel passato (e nelle biblioteche), l'ormai dimenticato racconto I Morlacchi (1788) di Giustiniana de Wynne, una contessa Orsini di Rosenberg amata da Casanova a Padova: sarebbe uno spunto perfetto per l'atmosfera. Per chi sente il richiamo del mistero, difficile trovare qualcosa di meglio dell'Assassinio sull'Orient Express di Agatha Christie. La ballata La Guzla di Mérimée, poi, è perfetta per chi ama la letteratura fantastica (ancora una volta, però, è necessario un salto in biblioteca, N.d.R.) Infine, per un approccio più solido e concreto, nulla di meglio del Claudio Magris di Il Danubio.
A cura di Paolo Giuseppe Alessio