Bernstein e la marcia di Selma
Questo estratto del libro di Barry Seldes si sofferma sul ruolo fondamentale di Leonard Berstein in occasione della marcia di Selma e delle lotte condotte negli anni Sessanta da Martin Luther King. Un episodio che dimostra come il musicista sia stato forse il primo dei "radical chic", per usare le parole di Tom Wolfe, ma anche uno dei più coraggiosi.
"Controversie e dibattiti si svolsero sullo sfondo del movimento per i diritti civili nel profondo sud degli Stati Uniti. Sulla scia degli omicidi degli attivisti James Earl Chaney, Andrew Goodman e Michael Schwerner dello Student Nonviolent Coordinating Committee (Comitato di coordinamento non violento degli studenti), perpetrati nel Mississippi il 21 giugno 1964, durante la cosiddetta Freedom Summer (Estate della libertà), Martin Luther King e altri leader della Southern Christian Leadership Conference [un'organizzazione per i diritti civili guidata da King, che svolse un ruolo importante all'interno del movimento, N.d.T.] decisero di promuovere, all'inizio del 1965, una marcia da Selma a Montgomery, la capitale dell'Alabama, presieduta dal governatore George Wallace. Martin Luther King incaricò Harry Belafonte di organizzare un gruppo di celebrità e notabili per dare sostegno ai partecipanti, e Belafonte invitò Bernstein, che accettò di partecipare.
La presenza di Bernstein non fu soltanto una forma di "radical chic", come suggerì il giornalista Tom Wolfe coniando questa definizione malevola in un contesto successivo, poiché la presenza sul palco lo esponeva al rischio di subire l'attacco di un cecchino. In realtà King e gli organizzatori della marcia avevano ricevuto minacce di violenza, morte e uccisione da parte della polizia: solo poche settimane prima, il 14 febbraio 1965, un agente della Polizia di Stato di Marion, Alabama, aveva sparato a un ragazzo nero, Jimmie Lee Jackson, che stava proteggendo la madre durante una carica della polizia diretta contro i neri che cercavano di registrarsi per votare. Jackson morì pochi giorni dopo. Il 7 marzo, un giorno che presto sarebbe stato ribattezzato "Bloody Sunday" (domenica di sangue), gli agenti della Polizia di Stato dell'Alabama lanciarono gas lacrimogeni e presero a manganellate una fila di dimostranti, evento che fu trasmesso in tutto il paese; la ABC interruppe la trasmissione di Vincitori e vinti [un film sul processo di Norimberga, N.d.T.] per offrire un esempio attuale di terrorismo di stato. Non solo King conviveva con le minacce di morte, ma l'FBI teneva un atteggiamento di provocatoria passività rispetto alle minacce di attentati alla sua vita. Anzi, l'FBI stava addirittura cercando di istigare un'aggressione mortale a King.
Nel gennaio 1965 Coretta King aveva scoperto un messaggio inviato al marito e apparentemente scritto da un nero che gli proponeva, in caso si fosse suicidato, di non rendere pubbliche alcune audiocassette registrate di nascosto che avrebbero svelato le sue trasgressioni sessuali e danneggiato il movimento per i diritti civili (King e i suoi collaboratori, che potevano aspettarsi solo ostilità da J. Edgar Hoover, tennero per sé la cosa). Il 9 marzo, a Selma, una banda di bianchi picchiò a morte un reverendo bianco di Boston, James J. Reeb, e il 16 marzo i poliziotti di Montgomery attaccarono brutalmente i dimostranti neri.
Anche se King e gli organizzatori della marcia verso il Campidoglio dello stato dell'Alabama avevano recuperato un po' di ottimismo la sera prima, il 15 marzo, grazie al discorso di Johnson, in cui il presidente, forse nel suo momento migliore, riecheggiava la Lettera dalla prigione di Birmingham di King, la minaccia della violenza rimaneva.
La marcia, lunga 70 chilometri, iniziò il 21 marzo: un giudice federale prese atto della brutalità della polizia, il presidente ordinò a un'unità federale dell'Alabama National Guard di proteggere i dimostranti e la stampa mondiale osservava da vicino. Bernstein volò a Montgomery il 25 marzo per salutare i partecipanti, bagnati, esausti, stremati e con i piedi indolenziti, all'arrivo al City of St. Jude Hospital alla periferia di Montgomery. "Volevo assolutamente venire qui per essere dei vostri", disse loro. Il mattino seguente, il 25 marzo, fu uno dei venticinquemila dimostranti che percorsero gli ultimi chilometri fi no alla sede dell'assemblea legislativa. La felicità che i partecipanti provarono in quel momento sarebbe stata presto guastata dalla notizia che un'altra dimostrante, esponente dei diritti civili di Detroit, Viola Gregg Liuzzo, era stata uccisa a colpi di arma da fuoco da uomini del Ku Klux Klan sulla via del ritorno a Selma."
Testo tratto dal capitolo IV. I lunghi anni Sessanta
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