Intervista a Sofia Gallo

Intervista a Sofia Gallo

"Aprire la mente ai lettori e proporre loro una narrazione di emozioni e sentimenti che non hanno nazionalità": sono tra le parole che più ci piacciono di questa intervista a Sofia Gallo, autrice del nostro I lupi arrivano col freddo. Rappresentano una dichiarazione d'intenti, ma sono anche una chiave di lettura per apprezzare il suo romanzo. Leggete tutta l'intervista e capirete perché le buone storie, così come la voglia di raccontarle, sono in qualche modo senza tempo e, paradossalmente, capaci di incidere un segno indelebile nel nostro presente.

Sofia Gallo
Sofia, come è nata l'idea del libro? Da un suo viaggio, da una storia vera?

L’idea del racconto risale a un incontro casuale nei vicoli della vecchia Diyarbakir, sotto le mura che sono le protagoniste, per così dire, del primo capitolo. Un ragazzo ci riconobbe come italiani, mio marito ed io, e ci decantò in un inglese scolastico l’operato di Massimo D’Alema come presidente del consiglio, nel 1998, in favore di Abdullah Öcalan, detto Apo, leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Partîya Karkerén Kurdîstan o PKK). Si trattava di concedergli asilo politico e opporsi all’estradizione, che invece fu approvata e Öcalan finì in carcere in Turchia. Il ragazzo in questione aveva, come Fuad, un fratello affiliato nel PKK e un fratello poliziotto. La storia vera si ferma lì, il resto è pura invenzione. Da quell’incontro (era il 2005) altre 4 volte ho visitato il paese.

Che cosa significa scrivere un romanzo sul popolo curdo avendo, però, come pubblico di riferimento i ragazzi?

Il romanzo è ambientato nella Turchia orientale, abitata in prevalenza da curdi, quali sono i ragazzi protagonisti, che crescono confrontandosi con l’asperità del clima e del territorio e con le contraddizioni e le sofferenze del loro popolo. Se avessi ambientato un romanzo in altri paesi, in cui ho avuto la fortuna di viaggiare, avrei avuto a che fare con azioni che impattano diversamente con la realtà. Al contesto si ferma dunque il mio parlare del popolo curdo, perché mi sono concentrata su una narrazione di emozioni e sentimenti che non hanno nazionalità, senza pormi il problema di spiegare qualcosa ai ragazzi, o di esprimere un parere politico. Ho semplicemente mosso le mie pedine in quel contesto con la speranza di incuriosire, di aprire la mente dei lettori verso mondi poco conosciuti.

La sua scrittura è fulminea, l'azione incalzante e il fiato resta sempre sospeso: ha qualche modello in mente?

Un modello in particolare, no. Però adoro i grandi autori (Paul Asten, Ian McEwan e altri) che esplorano le situazioni emotive senza mai perdere il ritmo incalzante della narrazione nel suo complesso. Io credo che il lettore, specialmente se giovane, debba viaggiare veloce con la mente, debba sfiorare sentimenti e passioni forti e aver lo spazio e la libertà per elaborare personalmente ciò che legge: è bene secondo me non risolvergli troppi quesiti, meglio proporglieli.

Il "presente di felicità" con cui, in modo liberatorio, si chiude il libro è solo del protagonista Fuad o, pensando al dramma curdo, si può pensare a una conciliazione tra la grande Storia e quella individuale?

La ricerca della felicità, del proprio e dell’altrui benessere, nel qui e ora è un dettame diffuso in molte filosofie orientali, tra la gente che sa dominare l’ansia, che gode di quello che ha e non aspira sempre a un di più. La persone che accolgono Fuad sono così: lavoratori, semplici, un po’ fatalisti, saldi nei principi, disposti a aiutare con naturalezza, senza chiedere nulla in cambio, se non il rispetto. Non vivono di ripensamenti, rimorsi, dubbi e paure. Non so se questa sia ricetta sufficiente per sanare i drammi della Storia, ma certamente se chi ha le chiavi della politica usasse la filosofia di Rojat del qui e ora, dell’ascolto e della generosità disinteressata, la conciliazione sarebbe più vicina.

Nel Viaggio di Ulisse de LeMilleunaMappa, le sue parole aiutano adulti e ragazzi a rileggere le peripezie del viaggiatore per eccellenza. Si può dire, Sofia, che il suo rapporto con il viaggio sia annodato a filo doppio?

Il viaggio e la lettura sono in me legati a filo doppio: sono i soli due modi per sentirci più cittadini del mondo, per comprendere senza giudicare, accogliere senza farsi sopraffare, dare senza perdere noi stessi. Un cammino irto di difficoltà!  I ragazzi oggi vivono realtà virtuali, il bombardamento di informazioni a 360 gradi hanno tolto loro la curiosità e il desiderio di conoscere l'altro in prima persona, di uscire da se stessi e dalle loro abitudini. Io, con i tanti libri nati dai miei viaggi, regalo pezzetti di mondo, confidando che ciò li aiuti a crescere intellettualmente liberi e consapevoli. Con la speranza di farne dei piccoli Ulisse e… delle grandi donne!

 

A cura di Paolo Giuseppe Alessio