L'africanizzazione della musica americana

L'africanizzazione della musica americana

Con un documento storico vivido e affascinante, che cattura un momento della vita degli schiavi neri nella New Orleans del XIX secolo, Ted Gioia inizia la monumentale e appassionante ricognizione storica che materia le pagine di Storia del Jazz.

 

Un vecchio nero siede a cavalcioni su un grande tamburo cilindrico. Con le dita e con il bordo della mano colpisce seccamente più volte il tamburo, di una trentina di centimetri di diametro e coperto da una pelle d’animale, creando con colpi rapidi e precisi una martellante pulsazione. Un secondo percussionista, con lo strumento tra le ginocchia, si unisce al primo, suonando nello stesso ritmo staccato. Un terzo uomo nero, seduto in terra, pizzica le corde di uno strumento la cui cassa armonica è una zucca grezza.

Un’altra zucca è stata trasformata in tamburo, e una donna la suona con due bacchette corte. Si alza una voce, e poi se ne uniscono altre. Una danza di apparenti contrasti accompagna questo scambio musicale, un geroglifico in movimento che da un lato sembra informale e spontaneo ma dall’altro, a un esame più attento, si rivela un preciso rituale. È una danza di proporzioni gigantesche. Una densa folla di corpi scuri forma gruppi circolari, sono forse cinque o seicento individui che si muovono a tempo, seguendo la pulsazione della musica: chi ondeggia dolcemente, chi picchia con forza i piedi sul terreno. Alcune donne nel gruppo intonano un canto.

La scena potrebbe svolgersi in Africa. In realtà, ci troviamo nella New Orleans del XIX secolo. Alcune rare descrizioni di prima mano forniscono intriganti particolari dei balli degli schiavi che avevano luogo nell’area allora chiamata Congo Square – più o meno dove si trova oggi il Louis Armstrong Park – e forse non ci sono nella storia della musica africano-americana documenti più affascinanti, pur suscitando il desiderio di saperne di più. Benjamin Latrobe, il famoso architetto, assistette il 21 febbraio 1819 a una di queste danze collettive, lasciandoci non solo una vivida descrizione dell’evento, ma anche vari schizzi degli strumenti che venivano usati. Questi disegni confermano che i musicisti di Congo Square, intorno al 1819, suonavano strumenti praticamente identici a quelli caratteristici della musica indigena dell’Africa.

Dal capitolo "La preistoria del jazz" di "La storia del jazz" di Ted Gioia © EDT 2013