Miller-Dorsey 4 a 2
Vi sono numerose analogie tra Glenn Miller e Tommy Dorsey. Entrambi erano trombonisti ed emersero come direttori nei secondi anni Trenta. Avevano percorso carriere parallele come free lance negli studi di incisione di New York tra fine anni Venti e primi Trenta, spesso suonando fianco a fianco in complessi o spettacoli teatrali, entrambi esprimendosi con una netta inflessione Dixieland o Chicago. Non solo erano colleghi e buoni amici, ma non di rado si aiutarono a vicenda, al punto da prestarsi l'un l'altro qualche orchestrale. Miller beneficiò della generosità di Dorsey in varie circostanze importanti.
I due si somigliavano un poco nei lineamenti del volto e portavano occhiali simili, piccoli e dalla montatura sottile, che ne accentuavano l'aria di disciplinata, compassata pedanteria. Erano capisquadra spietati e instancabili, sempre tesi a ottenere la perfezione e un comportamento inappuntabile dietro i leggii. Erano considerati sergenti di ferro dai loro orchestrali, sebbene avessero singolari slanci di generosità. Entrambi, anche se in modo diverso, furono musicisti e uomini d'affari di enorme successo.
Ma vi erano anche differenze significative. Miller era tutt'al più un buon trombonista, che si limitava per lo più a guidare la sezione nelle parti scritte; Dorsey fu uno dei più grandi trombonisti di ogni epoca e ambito musicale. Miller era un arrangiatore di rilievo; Dorsey, a parte alcuni tentativi allegramente falliti, non aveva inclinazioni in tal senso. Cosa ancora più importante, la loro concezione del jazz e dello swing era del tutto diversa. Fin dall'inizio Miller credette in - e puntò su - un tipo di swing solido, "in quattro", evitando lo stile "in due" di tante altre orchestre, incluse molte nere. Nella sua, ciò era esemplificato da una ritmica chitarra-basso-batteria coesa ed equilibrata. Perfino canzonette, ballad e motivi novelty erano eseguiti (con rare eccezioni) in 4/4. Dorsey, per contro, adottò il ritmo "in quattro" solo a fine decennio, solo in modo intermittente, e perfino questo non sarebbe accaduto se l'influenza di Sy Oliver non l'avesse spinto a un virtuale voltafaccia. In precedenza - e anche in partiture non di Oliver mentre questi era in orchestra - si attenne in modo quasi sacrale a un ritmo "in due", di carattere Dixieland.
Gunther Schuller
Il Jazz - L'era dello Swing - Le orchestre bianche e i complessi
dal capitolo "Tommy Dorsey"