Ritrovare il mondo a Calcutta
“Noi esseri umani non siamo nati per vivere negli spazi chiusi. Abbiamo bisogno di sentire la sinfonia della strada, il marciapiede sotto di noi. La vita al di là della porta di casa ci attira verso un destino più grande dei sussurri solitari delle nostre anime. Ero pervaso dai ricordi di esperienze che non potevo metabolizzare. Lasciai che mi permeassero, sinceri e gioiosi, mentre raccontavo la vita che avevo vissuto.”
A quasi quarant’anni, Kushanava Choudhury, figlio della borghesia bengalese emigrata negli Stati Uniti, decide di tornare nella città delle sue origini per esplorare una delle possibili vie al “buon vivere”: la riconciliazione con il proprio passato. Kushanava ci racconta tutto ciò che, con questo obiettivo nel cuore, ha imparato dalle strade di Calcutta: l’attaccamento profondo al proprio para, il quartiere in cui si è nati e che rappresenta quasi un villaggio a sé, il concerto dei suoi diversi suoni, degli odori, dell’attività febbrile di un’umanità disincantata e insieme sognante; e poi i cerimoniali della città, il culto delle divinità induiste, i piatti tipici, il valore profondissimo della poesia, gli intrighi politici, le ingiustizie, la predestinazione delle caste, l’arretratezza e l’abilità nello sbarcare il lunario, ma anche la tensione continua verso una nuova vita, l’amore per le parole, l’arte, il cinema e la letteratura. Il suo è un racconto che sembra pervaso dal ritmo dell’adda, l’attitudine locale a perdersi in conversazioni libere e fantasiose, una specie di indolente e sottile girovagare del pensiero. In questo cammino, solo apparentemente senza meta, Città epica diventa anche il racconto di una doppia storia d’amore: quella per Durba, la donna che il narratore ha sposato, e quella per le proprie radici, perdute e forse ritrovate.
Tutto giocato sul confine tra romanzo, autobiografia e reportage, Città epica accompagna il lettore attraverso i vicoli della metropoli bengalese, additandone le contraddizioni e subendone il profondissimo fascino; ma affronta anche il delicato tema della migrazione, intesa come desiderio di riscatto di chi tronca ponti e legami per rifarsi una vita altrove, e si ritrova, atomizzato e sradicato, in nuove metropoli aliene. Passo dopo passo, strada dopo strada, fra l’aprirsi di scorci inattesi, la comparsa di personaggi improbabili e i ricordi che gli affollano la mente, Choudhury ci avvince nella seduzione di una città che pare senza futuro, ma che non rinuncia a vivere fino in fondo il suo caotico presente senza fine.
«Per chi scrivi? Perché un libro su Calcutta? E quale Calcutta?» mi tempestò di domande Sumitro con la sua penetrante intelligenza. Il minibus stava avanzando indolente tra il frastuono del traffico di Park Circus, quando Sumitro mi chiese: «Perché i modi di rappresentare Calcutta sembrano invariati da secoli?»
Kushanava Choudhury è nato a Calcutta nel 1978 e si è trasferito negli Stati Uniti, e più precisamente nel New Jersey, all’età di dieci anni. Dopo essersi laureato all’università di Princeton, ha lavorato come reporter per lo «Statesman» di Calcutta. Ha quindi ottenuto un dottorato in Teoria Politica all’università di Yale, prima di tornare a Calcutta per dedicarsi alla scrittura. Città epica è il suo primo libro.