Desiderio e ambizione
Uno dei simboli cinesi per la parola “gioia” significa anche “musica”. L’ideogramma mostra due tamburi e una campana sopra un supporto.
Tale sinonimia appare reale a chiunque ami la musica. Anche se un brano è estremamente triste, la capacità di sentire ed esprimere un’emozione così potente ci dà gioia. Abbiamo un bisogno profondo di condividere queste emozioni con altre persone, e tale comunicazione dà significato alle nostre vite.
Una delle più grandi sfide del fare musica sta nel mantenere la calma nel fervore della passione e della gioia. È facile diventare impazienti quando impieghiamo più tempo di quello che vorremmo per imparare un pezzo meraviglioso. Desideriamo con tutto il cuore padroneggiarlo con le dita, la voce, il corpo, per stabilire un contatto fisico con la musica che amiamo. Questo desiderio è la nostra principale risorsa, è la nostra energia comunicativa. È l’energia pura e palpitante del cuore.
Ma il desiderio è diverso dall’ambizione. Il desiderio è il sentimento più profondo che nutriamo nei confronti della vita. Aspiriamo a entrare in contatto con le persone, la musica, il mondo, e sappiamo che tutte le esperienze e i rapporti, e in realtà la vita stessa, inevitabilmente finiscono. L’apertura della Sinfonia in sol minore di Mozart è una potente espressione di tale desiderio. Si può quasi sentire Mozart che singhiozza per la bellezza e la transitorietà della vita. Anche canzoni di successo come “Imagine” di John Lennon e “The Man I Love” di George Gershwin comunicano intensità e desiderio. A volte, in mezzo alla frenesia di una giornata trascorsa a fare spese, mi blocco di colpo sentendo dagli altoparlanti del negozio una canzone del genere, che mi commuove e mi ricorda che cos’è davvero la vita. La musica soddisfa il nostro bisogno profondo di sentire il nostro cuore desiderante, un nucleo di tenerezza dentro di noi.
Quando diventiamo troppo ambiziosi, perdiamo il contatto con questo centro emotivo. L’ambizione è sana, ma quando ci costringe a sforzarci troppo diventa distruttiva. Diventiamo talmente ansiosi di raggiungere il risultato ambito che spingiamo il nostro corpo e la nostra mente a fare le cose prima che siano davvero pronti. Uno sforzo simile può farci sentire superficialmente soddisfatti di noi stessi, ma crea fatica e disagio invece che benessere e piacere.
La lotta non produce buona musica. La musica è un mezzo di comunicazione talmente diretto che lo stato mentale dell’interprete viene immediatamente trasmesso all’ascoltatore. Un pianista che dà l’impressione di sgobbare come uno schiavo su una tastiera che scotta, curvandosi e sforzandosi, dà un senso di claustrofobia. Nessuno può respirare liberamente, dal momento che lui è così agitato. Ma un interprete che si dirige con calma sul palco, si mette seduto impiegando tutto il tempo che occorre e accoglie serenamente l’opportunità di esibirsi ci fa sentire rilassati. Se suona con entusiasmo e scioltezza, ci si sente entusiasti e a proprio agio.