Intervista a Giacomo Fronzi
Laureato in Filosofia a Lecce e in Musicologia a Venezia, Giacomo Fronzi affronta in Electrosound la condizione dell'Uomo d'oggi, pervasa da una elettrificazione e digitalizzazione sempre più accentuata. Il suo libro è così una storia ed estetica della musica elettronica, ma è anche una riflessione a tutto tondo sul nostro vivere nel presente. In questa intervista, Fronzi ci introduce alla lettura del volume, ne racconta la genesi e i motivi, ma soprattutto spiega perché Electrosound non dovrebbe mancare nelle letture degli studiosi e degli appassionati di musica, ma anche di tutti coloro che siano interessati comprendere a fondo, per usare le parole dello stesso Fronzi, "la funzione dell’arte nella società contemporanea".
A cura di Paolo Giuseppe Alessio
[caption id="attachment_5650610" align="alignleft" width="206"] Giacomo Fronzi[/caption]
1. Come è nata l’idea del libro?
Nel 2010 stavo ultimando una monografia su pensiero critico e musica in Th.W. Adorno (quindi, anche sulla filosofia della musica moderna), di cui mi occupavo già da diversi anni. Come si suol dire, chiuso un ciclo, se ne apre un altro. In questo, è stato determinante l’intervento del caro professor Giovanni Morelli, grande musicologo – scomparso nell’estate del 2011 e al quale il libro è dedicato –, con il quale ho discusso delle esperienze musicali postweberniane, ipotizzando l’opportunità di un approfondimento storico, teorico ed estetologico della musica elettroacustica. I primi risultati di questo lavoro di ricerca sono poi apparsi sulla rivista internazionale «AAA TAC», di cui era direttore, costituendo le premesse di ciò che poi è diventato Electrosound.
2. A quale pubblico si rivolge?
Le tre parti di cui si compone il volume possono essere dirette a tre categorie di lettori. Alla prima categoria appartengono studiosi, studenti, appassionati di musica elettroacustica “colta”, realizzata, cioè, nell’ambito dell’attività dei cosiddetti compositori di professione. Nella seconda potremmo trovare una parte dei lettori appena nominati, ma anche un più ampio settore di artisti elettronici, dj, produttori o amanti della musica elettroacustica rock e dell’elettronica dance. Alla terza categoria appartengono, invece, coloro che si occupano di filosofia o di estetica, soprattutto coloro che, nell’ambito di queste discipline, si interessano a loro possibili declinazioni in chiave contemporanea. Al di là di questa “tipizzazione”, naturalmente il libro si rivolge a tutti coloro che vogliono scoprire in che modo, per quali vie, attraverso quali forme si è sviluppata la storia della musica tecnologica, e in quali modi essa può sollecitare una riflessione filosofica, sociologica o teorica in generale.
3. Elettronica nella musica colta e, certo, in quella extracolta: quali sono i più rilevanti interscambi e contaminazioni tra i due ambiti?
Gli interscambi e le contaminazioni sono innumerevoli, per quanto non si tratti di una “comunicazione” biunivoca. La storia di questi generi musicali ci dice che è stata soprattutto l’elettroacustica colta ad aver influenzato quella extracolta, sebbene in modo del tutto inintenzionale. Possiamo fare giusto qualche esempio. Dei Can (formazione tedesca della fine degli anni Sessanta) facevano parte due allievi di Stockhausen, H. Czukay e I. Schmidt (che aveva incontrato anche Riley, Reich e La Monte Young). Abbiamo anche il caso dei Velvet Underground e del loro minimalismo ripetitivo e ipnotico, strategia che John Davies Cale aveva appreso alla scuola di La Monte Young, Adams e Glass. Ecco, credo siano sufficienti questi pochi esempi per dare l’idea di come l’elettroacustica abbia potuto contribuire ad abbattere i confini tra i generi musicali, tra il livello colto e quello extracolto, livelli che restano, comunque, diversi, profondamente diversi e non equivalenti.
4. Musica e rumore, rumore e musica: è quasi una questione filosofica. Come viene affrontata nel libro?
Come ha detto Lei, non è solo una questione “musicale”. Non si è trattato, tra Otto e Novecento, di scoprire o inventare il rumore, bensì, come nel caso del brutto, di ri-scoprirlo, dopo secoli di oblio. I motivi di tale estromissione, prima ancora che musicali, sono, effettivamente, di tipo filosofico-epistemologico. Se la liberazione ufficiale del “rumore” in musica la dobbiamo al Futurismo – sebbene tracce di esso possiamo rilevarle anche in momenti storicamente precedenti –, va comunque tenuto presente che, come ha scritto Jean-Jacques Nattiez, il confine tra musica e rumore è sempre definito culturalmente, il che significa che i caratteri dell’una e dell’altro sono soggetti alla dialettica storica. Nel libro, il rapporto tra musica e rumore è molto presente, dal momento che attraversa gran parte delle esperienze-cardine che hanno segnato la nascita e lo sviluppo dell’elettroacustica nel mondo, dal Futurismo e Pierre Schaeffer alla glitch music.
5. Ancora a proposito di contaminazioni: in che modo Electrosound rende conto della relazione tra la musica europea e quella del resto del mondo?
Electrosound non è una storia delle tecniche di composizione elettroacustica, quanto una storia delle idee musicali e dei protagonisti della storia della musica elettroacustica in oltre venti nazioni nel mondo. Lavorando su queste “storie nazionali”, sono emerse delle contaminazioni interessanti. Sicura influenza l’ha avuta Schaeffer, le cui opere (composizioni musicali e saggi) hanno contribuito alla nascita dell’elettroacustica in diverse parti del mondo. Ma egualmente importanti sono stati il rapporto tra Stockhausen o Cage con l’universo culturale giapponese oppure le esperienze che molti compositori israeliani hanno fatto in Europa o negli Stati Uniti.
6. Lei, Giacomo, ha una formazione anche filosofica, e così una domanda un po' personale nasce quasi spontanea: che cosa significa, per un filosofo, affrontare la musica elettronica?
La musica elettroacustica non è un fenomeno isolato, ma anche un momento di evoluzione concettuale e tecnico-musicale interno al più ampio orizzonte artistico e speculativo del Novecento. Ho deciso quindi di aggiungere al viaggio lungo le vie della storia della musica elettroacustica anche una passeggiata in alcuni dei boschi estetici, artistici e filosofici che, a mio parere, la attraversano. In queste passeggiate ci si potrà imbattere in Hegel come in Benjamin, in Vattimo come in Kant, in Heidegger e in Nietzsche fino a Deleuze e Guattari. Ho cercato allora di mettere in relazione la musica elettroacustica con questioni rilevanti per la teoria, come il rapporto uomo-tecnica, l’approccio degli artisti al reale, o con il tema centrale del ruolo e della funzione dell’arte nella società contemporanea.