Intervista a Hyung Gu Lynn (2° parte)
Seconda parte dell'intervista all'autore di Ordine bipolare. Le due Coree dal 1989.
Qui la prima parte.
4. Torniamo alla Corea del Sud. L’incontro tra capitalismo e democrazia può dirsi perfettamente riuscito?
La Corea del Sud è un esempio molto interessante da studiare per la sua evoluzione storica e democratica. In generale, non credo che il sistema politico e democratico di uno stato possa dirsi perfettamente riuscito. Se si guarda al sistema elettorare e alla povertà diffusa negli Stati Uniti si comprende che povertà e ineguaglianza sociale non risparmiano nessun paese.
Gli elementi da considerare cambiano in continuazione – il disinteresse degli elettori, il gap generazionale nell’afflusso alla ricchezza, l’incidenza delle nuove tecnologie, come internet e i cellulari, nella vita politica.
In Corea del Sud la crescita economica non si è necessariamente tradotta in una maggiore coesione nazionale. Il sistema del welfare può essere migliorato, anche perché la disparità nei redditi in Corea del Sud è tra le più alte in area OCSE, così come è molto elevato il tasso di invecchiamento della popolazione. Inoltre, se per le donne sono aumentate le opportunità, restano delle sacche di ineguaglianza, non solo salariale. Nelle aree rurali si assiste a una vera e propria “carenza di spose”, dovuto in parte al declino della fertilità e all’invecchiamento della popolazione, fenomeno che si è tradotto in un rapido aumento dei matrimoni transnazionali. La società diventa sempre più multietnica e questa tendenza rende necessario ripensare le politiche sociali e della famiglia, per rispondere alle nuove esigenze.
In definitiva, vorrei dire che quello della Corea del Sud è stato un incontro tra capitalismo e democrazia relativamente felice, anche se a seguito di un lungo processo di sperimentazione e adattamento – cosa che può essere detta per molte altre nazioni.
5. Crede che la successione a Kim Jong-il segnerà le fine della divisione tra le due Coree?
Non nel breve periodo. Pensare che il regime possa essere scalzato con il taglio di un nodo gordiano è un mito. Senza dubbio, il cambio di governo potrebbe incidere sulle priorità e le direttive del paese, ma non credo che la divisione tra i due paesi potrà finire in modo così immediato con la morte o la destituzione di Kim Jong-il.
Le ragioni sono essenzialmente due. La prima è che il sistema nord-coreano ha radici consolidate. Il regime si è evoluto negli anni ma ha mantenuto le sue caratteristiche di fondo. Anche negli Stati Uniti, del resto, l'avvicendarsi dei presidenti non ha cambiato la natura dello stato. In secondo luogo, sono in pochi ad avere un interesse per l'unificazione.
La fine del governo di Kim Jong-il e del sistema politico attuale potrebbe condurre a un maggior rispetto dei diritti umani, ma personalmente ritengo che i diritti umani siano prioritati rispetto all'unificazione. Per il governo della Corea del Sud non sembrano esserci molti incentivi per l'unità, anche perché Seoul dovrebbe sostenere un enorme peso economico. La Sunshine Policy (la politica dell'apertura economica e diplomatica al Nord comunista, N.d.R.) aveva lo scopo di migliorare i rapporti con Pyongyang in uno scenario che non prevedeva l'unificazione nell'immediato. Al di là delle prese di posizione spesso retoriche in entrambi i paesi, ci sono davvero poche ragioni per credere che le due Coree saranno unite nel prossimo futuro.
Dobbiamo anche ricordare che l'unificazione, in molti casi, non risolve i problemi. Spesso si ottengono risultati positivi, come in Germania, Camerun, Malaysia o Yemen, ma è proprio l'esempio della Germania, che pure poteva contate su un'economia forte, a mettere in guardia sui facili entusiasmi legati all'unificazione, che non può essere considerata la panacea per i mali delle due Coree.
Così come un cambio di regime non sempre significa una forma di governo migliore, lo stesso può essere detto per l'unificazione. Ripeto che la priorità, oggi, dovrebbe essere il rispetto dei diritti umani in Corea del Nord e il miglioramento delle condizioni di vita dei rifugiati nord-coreani in Cina.