L'apprendistato del giovane Cage
La tentazione di raccontare John Cage (1912-1992) confutando banalizzazioni e fraintendimenti attorno al suo pensiero musicale, magari col conforto della ricca aneddotica che lo riguarda, è tanto diffusa da divenire luogo comune.
D'altro canto nella musica di Cage, come nelle sue fulminanti battute, sembra che il rischio del misunderstanding sia parte del gioco stesso, al punto che non c'è un altro compositore la cui opera possa difendersi altrettanto bene dal malinteso. Persino l'irrisione, il rifiuto, la negazione di valore di una parte della critica e del pubblico - celebre, almeno in Italia, il caso di Mike Bongiorno - paiono incapaci di minimizzarne davvero la portata, divenendo ulteriori letture possibili.
Che il talento di John Cage abbia caratteristiche straordinarie è fuor di dubbio, altrettanto che la sua propensione musicale non si sia espressa troppo precocemente. Cresciuto in una famiglia della media borghesia residente a Los Angeles, John non era figlio d'arte, per quanto il padre possedesse un talento creativo - inventore professionista, riuscì a brevettare persino un sommergibile. Gli studi pianistici, prima a cura della zia, poi di quella Fanny Dillon [...] non fecero di Cage un virtuoso. Il piccolo John si era timidamente appassionato ai fogli d'album di Edward Grieg, ma non sembrava avviato a una carriera musicale. Nel 1930, in piena Grande Depressione, Cage lasciò il Pomona College di Claremont per Parigi, dove prese anche lezioni di piano da Lazare Lévy e s'imbatté nella musica di Satie, che tanta influenza avrebbe avuto nell'elaborazione della sua poetica. Satie non fu l'unica scoperta del giovane Cage: nel divertente - e sorprendente - Fads and Fancies in the Academy (1940) per pianoforte e percussioni sono evidenti memorie di George Auric e dei Six in generale. Il dilemma fra pittura, poesia e musica, campi nei quali Cage aveva espresso la sua poliedrica fantasia, si risolve assai lentamente in favore della musica. Tornato in America nel 1931, John comincia a lavorare da giardiniere, inoltre noleggia automobili e impartisce lezioni di musica (o meglio "guide all'ascolto") alle casalinghe del quartiere. Questa curiosa occupazione, che non ci sorprende solo perché siamo al cospetto di John Cage, si rivelerà di una certa importanza nell'esordio della sua carriera compositiva. Per avviare le massaie ai misteri dell'atonalità, infatti, Cage aveva pensato bene di contattare direttamente il pianista Richard Buhlig, residente a Los Angeles, primo esecutore americano dei Drei Klavierstücke op. 11 di Schoenberg, chiedendogli di offrire alle signore di cui sopra un piccolo concerto privato. Buhlig declinerà l'invito, ma non l'impegno a prendersi cura del giovane e bizzarro "committente". Cage all'epoca ha licenziato pochi lavori, tra cui Three Easy Pieces per pianoforte, nei quali - in una scrittura di disarmante semplicità - si scorge l'influenza di Satie, e soprattutto una Sonata per clarinetto che attira l'attenzione di Buhlig, uomo burbero ma anche generoso e leale. È lui a garantirgli i successivi contatti con Henry Cowell e Adolph Weiss (a New York), in grado di fornire a Cage una base professionale, forte della quale egli potrà finalmente rivolgersi al compositore che ammira più d'ogni altro, Arnold Schoenberg, da qualche tempo stabilitosi a Beverly Hills in California.
Le lezioni con Schoenberg ebbero per Cage una grande importanza, ma durarono poco [...] e non produssero - nel maestro viennese - altrettanta ammirazione per il discepolo. Chiamato a indicare qualche musicista di spiccato talento fra i suoi allievi americani, Schoenberg farà piuttosto il nome di Lou Harrison, sottolineando - di Cage - il carente senso dell'armonia sino a definirlo non un compositore piuttosto un inventore, sia pur di genio.