L'arte di esercitarsi secondo Madeline Bruser
Estratto da "L'arte di esercitarsi" di Madeline Bruser
Estratto da L'arte di esercitarsi di Madeline Bruser
Anche se quando iniziamo a esercitarci siamo ispirati, presto o tardi cominciamo a sentirci frustrati. Non riusciamo a ottenere i risultati che vogliamo e non sappiamo perché. Ci sentiamo come se ci stessimo sforzando troppo, eppure sembra che non stiamo facendo abbastanza. Iniziamo a dubitare delle nostre capacità. Il brano che una volta suonava vivo inizia ad apparire spento.
Gran parte della frustrazione è causata da un uso inefficiente del corpo. Le tecniche strumentali o vocali che vanno contro i principi di una postura e di un movimento sani provocano tensioni inutili che inibiscono l'espressione musicale. Spesso, tuttavia, tensioni e tecniche inefficaci derivano da opinioni e atteggiamenti relativi a noi stessi e al nostro modo di esercitarci. Uno di questi è che l'esercizio debba essere ripetitivo e disciplinato, completamente diverso dall'esecuzione in pubblico. Quando ci esibiamo, siamo presenti. Siamo intensamente consapevoli di trovarci in uno spazio completamente aperto in cui può accadere di tutto. Ma quando ci esercitiamo, ci ingabbiamo da soli.
Ho pensato spesso a quanto sia curioso che io possa stare seduta al pianoforte in casa mia, completamente sola e libera di fare qualunque cosa, ma mi ritrovi a esercitarmi in un modo abitudinario e insoddisfacente. Non sappiamo che fare della nostra libertà. Ripetiamo passaggi in modo disperato e poco felice nel tentativo di acquisire sicurezza tecnica. Ci costringiamo a rispettare una scadenza e ci sentiamo inadeguati quando il nostro lavoro non procede bene. Questa severità, questa abitudine a essere duri con noi stessi distruggono l'ispirazione, rendendo difficile acquisire la gioia e la spontaneità necessarie per esibirsi.
L'aver visto questo abisso che si spalanca tra la gioia dell'esecuzione e il faticoso lavoro di studio è ciò che mi ha spinto a sviluppare L'arte di esercitarsi. L'arte di esercitarsi ha a che fare con l'arte, con la creazione di qualcosa di fresco e autentico. In quest'ottica, l'esercitarsi non è così diverso dall'esibirsi. Invece di fare esercizio in modo meccanico o prestabilito, studiamo senza smettere di essere spontanei. [...] Anche se per imparare un pezzo è necessario ripetere passaggi e procedere più lentamente che a un tempo da concerto, l'apertura, il dubbio, la libertà e la vitalità che caratterizzano l'esibizione sono qualità che permeano anche le ore in cui ci esercitiamo. Ho provato per la prima volta questa spontaneità in una sala studio della scuola di musica. Mi esercitavo già da parecchie ore, quando all'improvviso mi resi conto che il suono usciva direttamente dal pianoforte. Invece di cantare la melodia dentro di me, come facevo di solito, e di concentrarmi su quel suono immaginario, sentii il suono reale.
Rimasi sconvolta dalla sua brillantezza e perché mi rendevo conto che, nonostante questa magnifica esperienza sensoriale fosse stata a mia disposizione per anni, l'avevo sempre mancata. Forse ricordate un momento in cui avete sentito un accordo familiare e siete rimasti insolitamente colpiti dalla sua bellezza. O forse ricordate attimi in cui all'improvviso i vostri movimenti sono diventati più liberi e naturali del solito. Questa ricettività e naturalezza non devono essere eventi rari: sono aspetti che potete coltivare.