L'estratto
Il problema più grosso di settembre, secondo Sam, era che sembrava ancora agosto. Dovevano esserci almeno 25 gradi, pensò mentre lui e Jax tornavano a piedi da scuola. Jax era esaltatissimo: armadietto nuovo, distribu- tore automatico di gelati in sala mensa e la promessa che durante l’anno, nell’ora di scienze, avrebbero costruito dei razzi-bottiglia. Per ora, la quarta elementare aveva superato ogni aspettativa.
Sam non condivideva l’entusiasmo di suo fratello. La prima media, da quel che aveva visto finora, sarebbe stata una interminabile predica su quanto i voti avrebbero condizionato il loro futuro. Il prof di lettere – un vero fanatico in questo senso – con la scusa di un esercizio sulle frasi ipotetiche aveva fatto capire che se non avessero
fatto i compiti regolarmente avrebbero rischiato grosso: un’insufficienza, eventualmente la bocciatura, e quindi la mancata ammissione al college. Una prospettiva forse un po’ troppo catastrofica per chi semplicemente non aveva voglia di leggersi Huckleberry Finn, ma Sam non aveva certo intenzione di mettersi a discutere con uno che li aveva minacciati con tanto travolgente entusiasmo da ridursi con la cravatta sbracata e la camicia mezza fuori dai pantaloni.
Se non altro, a settembre sarebbero ripartiti gli allena- menti di calcio: un premio di consolazione più che soddi- sfacente. Anche se, a dirla tutta, adesso anche il calcio lo metteva in agitazione, cosa che prima non succedeva mai. In primavera ci sarebbero state le selezioni per la prima squadra, categoria Under-15. Se fosse stato ammesso, Sam sarebbe stato il giocatore più giovane da almeno cinque anni. E poteva farcela. Doveva solo restare concentrato.
«Jax, mi fai qualche tiro in porta? Cioè, dopo che hai portato fuori Sir Puggleton?». Sam doveva ammettere che Jax aveva un gran bel tiro, soprattutto da sottoporta. Una volta aveva spedito il pallone come un siluro oltre i cespugli beccando il cagnaccio decrepito del nuovo vicino proprio mentre usciva dalla macchina.
«E poi devi andare a recuperare la palla dal signor Nelson. Buona fortuna! È proprio scimunito, il vecchio. L’hai sentito ieri? Ha urlato contro papà Tom perché stava falciando il prato. A mezzogiorno! Non si può andare in paranoia per un po’ di casino a mezzogiorno!» Sam scosse il capo, disgustato dall’idiozia del nuovo vicino, dai prof sclerati e da varie altre disgrazie della sua vita.
«Certo» rispose Jax. «Ma i compiti? Tyler dice che dovete fare la relazione di un libro».
Sam emise una specie di rantolo. Le regole di Casa Fletcher stabilivano che i compiti venivano prima di tutto e che nessuno poteva andare a giocare prima che ognuno aves- se finito i propri, anche se tutti gli altri stavano aspettando.
Era una strategia efficace. Niente ti mette in moto i neuroni quanto un branco di fratelli che ti stanno col fiato sul collo. Lo stesso Sam una volta aveva minacciato di scatarrare nel bicchiere di Eli se non si fosse dato una mossa a finire una relazione. Adesso si chiese quanto ci avrebbe messo a scrivere la sua.
(Dal quarto capitolo di Quattro ragazzi per due papà di Dana Alison Levy)