Il valzer delle camelie
Qual è il ruolo di Parigi, e in particolare del suo "paesaggio sonoro", nella Traviata di Giuseppe Verdi? Il compositore vi giunge per la prima volta nel 1847, pochi mesi dopo la morte (a ventitré anni) di Marie Duplessis, la celebre cortigiana ? o "lorette", come si sarebbe detto allora ? ammalata di tisi ed emblema di quell'effimero metropolitano, gaudente e disperato, nel cui clima fiorirono un po' tutte le "signore delle camelie", ivi comprese Marguerite Gautier e Violetta Valery. A Parigi Verdi rimane per quasi due anni consecutivi: lì avvia la relazione con Giuseppina Strepponi, lì si immerge nel «popoloso deserto» del boulevard, frequentando assiduamente i teatri popolari, nei cui drammi la musica di scena era largamente utilizzata, sia come strumento di intensificazione emotiva e di spettacolarizzazione, sia con la funzione di memoria interna. È proprio in uno di questi teatri che, con ogni probabilità, Verdi assisterà alle prime rappresentazioni del dramma La dame aux camélias di Alexandre Dumas fils, che conobbe un enorme successo nel 1852. Attraverso una ricerca "sul campo" di stampo indiziario, Emilio Sala tenta di interpretare La traviata ricostruendo il ricco "sistema di rappresentazione" (musicale e non solo) di cui fa parte; un sistema che ha radici proprio nei teatri popolari del celebre Boulevard du Temple, e in cui il "moderno" baudelairiano ? il transitorio, il fuggitivo, il contingente ? si coagula intorno a delle costanti che ritroveremo tutte nell'opera di Verdi: il valzer e la polka, il colore spagnolo, il "bue grasso", l'uso di un "motivo di reminiscenza" per dipingere la morte musicale, la festa rumorosa come palliativo e narcotico per il male di vivere.