"Once while travelling…": Mr. e Mrs. Lonely Planet

"Once while travelling…": Mr. e Mrs. Lonely Planet

«Ricordo con precisione il luogo dove tutto ciò ebbe inizio: una panchina di Regent's Park, nel centro di Londra, un mercoledì pomeriggio, esattamente il 7 ottobre 1970. Nella vita ci sono momenti decisivi e quello fu uno dei nostri».

 

La storia di un grande successo imprenditoriale, il viaggio in concreto ma il viaggio come metafora, il gusto di indirizzare ma la la passione del perdersi, persino un saggio su come in questi ultimi decenni è cambiato il turismo a tutto tondo: Un giorno, viaggiando… è tutto questo, raccontato a due voci in 450 pagine di aneddoti, di luoghi, di situazioni, di fatica e soprattutto di successi.

Perché prima di quel primo esperimento, Across Asia on the cheap, non esisteva nulla del genere in commercio. Ma dopo… dopo è nato un vero e proprio genere letterario, sulla scorta di quell'idea semplice e geniale insieme. Ma non è sempre stato tutto rose e fiori: gli inizi sono stati emozionanti ma impegnativi, con l'attività di scrittura, impaginazione, stampa e rilegatura fatta praticamente in casa, un secondo lavoro che assorbiva ogni momento utile della giornata; e le crisi non furono poche, sparse tra i decenni come sassolini nelle scarpe, ma furono tutte superate in un modo o nell'altro.

Andare dove gli altri non hanno osato, documentare, sperimentare, creare un'idea di viaggio avventurosa, indipendente e consapevole, crescere con i propri lettori: attraverso questi quasi cinquant'anni di storia, Lonely Planet e i suoi fondatori hanno lavorato in questa direzione, attraversando i profondi cambiamenti della società - la nascita di un movimento mondiale mondiale legato al turismo indipendente, l'avvento del digitale, le linee aeree low cost, l'instabilità degli equilibri politici (fino a pochi anni fa, ad esempio, Lonely Planet era l'unica ad avere in catalogo la guida Afghanistan). Poi, il distacco con la vendita della casa editrice nel 2007; ma gli obiettivi non sono cambiati, documentando una passione che non dà segni di cedimento. Perché in fondo la sostanza di Lonely Planet è la stessa dei loro sogni: il viaggio.

E per chiudere, una curiosità. Come nasce quel nome così originale ma facile da ricordare? Beh, così:

«L'illuminazione ci venne una sera in cui io mi misi a canticchiare Space Captain, la canzone di Matthew Moore che Joe Cocker canta nel film Mad Dogs & Englishmen. "One while travelling across the sky", intonai, "this lonely planet caught my eye".
"Non fa così" disse Maureen, "hai capito male, come al solito. Dice 'lovely planet', non 'lonely planet'".
Aveva ragione. Non capivo mai bene le parole delle canzoni. "Lonely Planet" comunque suonava molto meglio».

 

 

Un estratto

Ai primi di gennaio del 1974 impacchettammo la nostra attività editoriale in un paio di scatoloni che affidammo ad alcuni amici disponibili a evadere gli ordini e a versare i relativi assegni di pagamento. Il resto dei nostri averi finì in una valigia che spedimmo ai miei genitori in Inghilterra. Prima di rimettere piede in Asia, però, puntammo brevemente a est, verso la Nuova Zelanda.
Spedimmo la motocicletta ad Auckland via mare e la raggiungemmo qualche giorno dopo in aereo. La moto ci portò da Auckland a Wellington, dove prendemmo un traghetto per l’Isola del Sud. Lì facemmo un bel giro prima di tornare a Wellington e imbarcare nuovamente la moto sulla nave diretta a Melbourne.
Il mese trascorso in Nuova Zelanda fu scandito da una serie di interviste per la stampa, la radio e la televisione, che precedettero l’ingresso di Across Asia on the Cheap nelle librerie del paese. Il nostro distributore neozelandese era un certo Alistair Taylor, persona inaffidabile che di lì a un anno ci avrebbe causato grossi problemi: lo dico anche se ormai è acqua passata. Per un paio di giorni alloggiammo nella sua casa di Martinborough, nella campagna di Wellington, dove era ospite anche il poeta Sam Hunt, che già all’epoca prometteva di diventare un personaggio di spicco nella “terra della lunga nuvola bianca”. Anni dopo Alistair Taylor avrebbe trasformato la propria casa nella famosa azienda vinicola Te Kairanga. Tornati a Melbourne ci accampammo per qualche giorno a casa di un amico, dormendo per terra, nell’attesa che arrivasse la nave con la nostra motocicletta. Partimmo quindi in direzione nord. Eravamo riusciti a sistemare tutti i nostri averi su quella piccola due ruote: oltre al baule laterale, c’era un altro contenitore sul portapacchi posteriore dove erano stipati, a loro volta, una borsa e i due sacchi a pelo; un’altra piccola borsa era legata sopra il serbatoio della benzina e la tenda era fissata di traverso sul manubrio.
Raggiungemmo Sydney via Canberra e poi continuammo lungo la costa del New South Wales toccando Hunter Valley, Port Macquarie, Byron Bay e, una volta entrati nel Queensland, Surfers Paradise. Da Brisbane proseguimmo verso nord, passando per Rockhampton, Mackay e Townsville, e ci concedemmo qualche escursione su un paio di isole della Grande Barriera Corallina. Dovevano passare ancora molti anni prima che la costa settentrionale del Queensland diventasse la meta internazionale frequentata da sub e amanti del sole che è oggi.

A Ingham fummo coinvolti in un episodio che ci fece capire perché il Queensland avesse la reputazione di stato razzista e perché si parlasse di “Profondo Nord”. Qualche giorno prima avevamo conosciuto una coppia di giovani francesi nel campeggio di Townsville. I due avevano acquistato un’automobile e stavano attraversando il Continente rosso. Erano dei veri pionieri: se in quegli anni già era difficile incontrare turisti stranieri in giro per l’Australia, ancora più improbabile era incontrarli nel Queensland. La presenza di una coppia di francesi in un campeggio del Queensland settentrionale aveva quasi dell’incredibile. Avevamo fatto amicizia con loro perché la donna che gestiva l’emporio del campeggio si era lamentata con noi dicendo che l’inglese di quei due era incomprensibile per lei! In realtà non era affatto così e quando, casualmente, li incontrammo una seconda volta a Ingham proponemmo loro di cenare con noi. Andai a fare la spesa con i francesi al piccolo supermercato locale, mentre Maureen faceva un salto al pub per prendere una bottiglia di vino. Un quarto d’ora dopo la trovai in lacrime accanto alla nostra motocicletta.

Maureen: Ero entrata nel pub, mi ero avvicinata al banco e avevo sentito scendere il silenzio. Nessuno apriva bocca in quel locale e chi stava dietro il banco semplicemente mi ignorava. Facevano tutti finta di non vedermi. Senza capire che cosa stesse succedendo, rimasi lì in piedi per qualche minuto, disorientata e confusa. Alla fine una donna si affacciò da un passavivande e disse: «Non ti serviranno mai da quella parte, tesoro. Devi venire di qua, dalla parte delle donne». Così uscii dal pub, rientrai nello spazio assegnatomi nell’universo maschile di Ingham e, sporgendomi attraverso il passavivande, vidi avvicinarsi il barista, tutto sorridente, per chiedermi che cosa desiderassi. All’interno del locale la conversazione riprese, pagai la bottiglia e tutto continuò come prima. Solo che io ero completamente sconvolta: in vita mia non ero mai stata tanto umiliata, non solo come donna, ma come essere umano.

Fortunatamente gran parte del Queensland era ben diverso da Ingham, anche se i pub del Profondo Nord riservavano altre bizzarre sorprese, come venimmo a sapere da un ingegnere che incontrammo più avanti.