Prefazione di Franco Andreone
Franco Andreone è Conservatore della Sezione di Zoologia al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino e Co-chair dell’IUCN SSC Amphibian Specialist Group in Madagascar. Proponiamo un estratto della sua prefazione al volume di Stefano Faravelli Verde Stupore – Madagascar. Carnet della foresta pluviale.
[...] In occasione della missione a Betampona del 2013 ho voluto fortemente portare con me Stefano Faravelli. I fantastici disegni di questo artista-esploratore impreziosiscono il cahier de voyage che avete in mano. Per me egli stesso, in qualche modo, è frutto degli acquarelli Winsor & Newton che fa uscire come d’incanto dalla sua trousse.
Siamo concittadini, Stefano e io, ed entrambi ci siamo abbeverati nel Po e ai racconti di Salgari e degli esploratori naturalisti del passato che popolavano la nostra città, fra cui Franco Andrea Bonelli, Giuseppe Gené, Filippo De Filippi ed Enrico Festa. Forse anche per questo la sintonia fra di noi è grande. Quando, nelle sale espositive del Museo Regionale di Scienze Naturali, ho parlato per la prima volta a Stefano della terra dei miei sogni, cioè della foresta di Betampona, c’è stato davvero poco da fare. Ha voluto a tutti i costi accompagnarmi e venire anche lui per ritrarre e interpretare gli animali direttamente sotto la volta della foresta. La nostra carriera è stata per molti versi speculare: Stefano, a quanto mi ha raccontato più volte, ammirava e leggeva le enciclopedie degli animali e se ne appassionava. Nel tempo ha distillato quei disegni e quelle immagini che popolavano, per esempio, i libri di un altro grande naturalista torinese, Michele Lessona. Anche io appassionato di quegli stessi disegni sognavo di diventare zoologo, ma volevo contestualmente dedicarmi alla rappresentazione artistica. Stefano è diventato artista e filosofo rimanendo un po’ zoologo, mentre io ho fatto dello studio di rane, lucertole e serpenti la mia vita.
Così si è unito al team e si è trasformato in quello che erano un tempo gli artisti al seguito dei naturalisti. Non solo per documentare le specie, cosa oltremodo fattibile oggi con macchine fotografiche, iPhone e videocamere GoPro. Ma, soprattutto, per tradurre in emozioni la foresta e i suoi genuini af ati. Con l’occhio attento a quello che la natura suggerisce, evoca e non solo dice, Stefano ha colto magnificamente le atmosfere retrò che popolano le foreste di Betampona e le ha trasposte sulle pagine del suo magico carnet. Metodicamente noi ricercatori tornavamo ogni notte dalle nostre peregrinazioni notturne e portavamo con noi le “prede” della nostra caccia sottile (per usare un termine faravelliano). Raganelle, scinci, serpenti diventavano, a turno, sotto gli spot luminosi che filtravano attraverso la canopea della foresta, delle vere e proprie star. Con pochi colpi decisi di pennello Stefano trasformava un movimento di squame in un bagliore e un colore della lucida e permeabile pelle in un discorso filosofico.
In realtà, come Stefano mi ha detto più volte, la foresta per lui è diventata un momento di catarsi tanto che è venuto con me in Madagascar anche per trovare il mitico albero Waq Waq. Da quanto mi ha raccontato pare addirittura che l’abbia trovato! In tutto questo, come dice il titolo stesso di questo lavoro, alberga lo stupore, ed è verde, anzi, verdissimo.
Quando posso mi piace tornare in Madagascar e con passione continuare a esplorarne le foreste prima che scompaiano sotto la mano severa dell’uomo. Molte specie attendono ancora di essere scoperte e descritte e, probabilmente, risulteranno estinte prima di essere conosciute. È il caso di un piccolo camaleonte terricolo del genere Brookesia, che ho recentemente rinvenuto su un isolotto deserto poco distante dall’Isola di Nosy Be, capitale del turismo. Un’analisi preliminare morfologica e genetica ha confermato la sua appartenenza a una
specie ignota. Stefano ha avuto modo di immortalare questo animale con i suoi acquerelli, così come ha fatto con una rana fossoria del genere Plethodontohyla (sempre di Betampona), che stiamo rivalutando e distinguendo da altre straordinariamente simili.
È scontato che useremo questi disegni, noi “scienziati” e naturalisti, per descrivere le specie. In fondo invidiosi della capacità di Stefano di cogliere l’essenza profonda delle cose. Noi, per il momento, ci limitiamo al colore, alla squama, al DNA.