Coyote e Rodeo tornano in pista: alla ricerca del Posto Perfetto

Bambini e ragazzi

Coyote e Rodeo tornano in pista: alla ricerca del Posto Perfetto

Dopo l'imprevedibile viaggio che ha fatto innamorare i lettori, Coyote e Rodeo hanno messo radici nell'Oregon. Finché una nuova missione da compiere non li costringe a rimettersi on the road; solo che, ancora una volta, Rodeo non sa proprio tutto…

Coyote e Rodeo, dopo cinque anni di avventure su e giù per l’America, hanno messo radici in un paese dell’Oregon. Padre e figlia ora abitano in un vero appartamento, e sono alle prese con una quotidianità pacifica ma sorprendentemente faticosa. 
Yager, lo scuolabus compagno d’avventura è parcheggiato di fronte a casa e continua a essere un ottimo rifugio in cui ritrovare serenità. 
Una sera, dietro un mobile, Coyote scova una scatola malconcia: custodisce le ceneri di sua madre. Rodeo le ha conservate lì, in attesa di trovare il coraggio di sfogliare Red Bird di Mary Oliver: anni addietro sia lui che sua moglie avevano indicato lì, sulla loro copia e in segreto l’uno dall’altra, il “posto perfetto” in cui essere dispersi. 
Il panico assale Coyote quando si rende conto che il libro è sparito dallo scaffale: deve averlo barattato durante il viaggio precedente! Come ritrovarlo senza far capire la situazione a Rodeo? Inventandosi una caccia al tesoro, che ripercorra le tappe passate in cerca del prezioso volume. E così la squadra si ricompone pronta a partire: Coyote, Rodeo, l’amico Salvador, il gatto Ivan. E Candance, con il suo cagnolino Fig. Ma chi è Candance? Beh, un’“amica” di Rodeo, un po’ troppo amica per i gusti di Coyote. E così, oltre alla tensione per l’intreccio di bugie e l’ansia delle ricerche, ci saranno ulteriori scintille…

Coyote Sunrise e il Posto Perfetto di Dan Gemeinhart ha tutti gli ingredienti del precedente successo: l’atteso sequel del premiatissimo L’imprevedibile viaggio di Coyote Sunrise ne conserva tutta la freschezza, l’entusiasmo, l’ironia e l’emozione. La nuova avventura di Coyote e Rodeo si snoda tra cittadine di provincia e negozi polverosi, e una nuova variegata umanità accompagna i protagonisti lungo il tragitto. L’autore tiene alta la tensione narrativa alternando speranze e delusioni, in un gioco di attesa e azione che rapisce il lettore. 
Coyote è ancora la ragazzina che abbiamo conosciuto: un concentrato di entusiasmo, vitalità, furbizia e ironia, a cui però le cose non girano sempre come vorrebbe, anche perché il suo mondo sta cambiando.
Innanzitutto ecco la gelosia, che irrompe nel ventaglio dei sentimenti sinora provati. Candance ne è il primo bersaglio, con il suo aspetto stravagante e le sue rigidità lontane dallo spirito hippie di Coyote e Rodeo. E poi Salvador, che a casa ha una ragazza che lo aspetta e di cui Coyote non sapeva nulla… L’onda della gelosia, carica di rabbia e impulsività adolescente, travolge spesso la protagonista facendole perdere il controllo: l’obiettivo sarà riconoscerla e imparare a gestirla.
Un altro problema è il contesto in cui tutto accade: l’America del marzo 2020, condizionata dal COVID con il suo carico di paure, divieti, norme da rispettare e pregiudizi da scardinare. Il viaggio scorre in un clima prudente, la frenesia della ricerca è rallentata dagli intoppi più banali – negozi chiusi, commessi timorosi, una paura latente che scombussola gli animi. Ma lei è pur sempre Coyote Sunrise! Nulla l’ha mai fermata, e nulla la fermerà nemmeno questa volta: quando si mette in testa qualcosa, a costo di rischiare l’osso del collo o di finire ammanettata in commissariato, riesce sempre a spuntarla… e noi ancora una volta ci troviamo a tifare per lei, per la sua grinta inarrestabile e per la sua simpatia coinvolgente.

 

Dan Gemeinhart è nato nel 1978 a Francoforte. Figlio di un militare dell’esercito americano, ha traslocato diverse volte durante l’infanzia, frequentando ogni anno una scuola diversa. Oggi vive con la moglie e le tre figlie in una piccola città nello stato di Washington, dove prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura ha fatto per tredici anni l’insegnante e il bibliotecario. Con L’imprevedibile viaggio di Coyote Sunrise ha vinto il Premio Strega Ragazze e Ragazzi 2023 nella categoria 11+, il Premio La Storia Più Importante e il Premio Letteratura Ragazzi di Cento - 45a edizione.

Un estratto

Dunque, ecco a voi: c’era una volta una ragazzina, e quella ragazzina ero io, e quel giorno me ne stavo a ciondolare solitaria su un vecchio autobus, e morivo di noia.
L’autobus si chiamava Yager. Qualcuno dirà che non ha senso dare un nome a un autobus. Ma quel qualcuno di certo non ha avuto la possibilità di conoscere un autobus a fondo come è capitato a me.
Perché, cavolo, io e mio padre (che d’ora in avanti in linea di massima chiamerò Rodeo, visto che a lui piace così) su quel vecchio autobus ci abbiamo vissuto per cinque anni, dopo lo squarcio dell’universo. Avevamo tolto i sedili, tranne le prime due file, e montato un divano, qualche mensola e una megapoltrona che chiamavamo il Trono, il tutto fissato con dei bulloni. Avevo perfino la mia stanzetta, nella parte posteriore, completa di letto e con una tenda che faceva da porta. Era strambo, Yager. E fuori dagli schemi. E ovunque andassimo, si beccava un sacco di occhiatacce. Ma Yager era casa.
E anche se in realtà sono stata io che a un certo punto ho insistito perché la smettessimo con quella vita nomade, quando ci siamo trovati una sistemazione in una casa vera, cioè non corredata di ruote, finivo sempre per passare un sacco di tempo sopra quel vecchio scuolabus. Così alla fine ci ho fatto arrivare una prolunga e ho appeso una miriade di luci natalizie, che erano troppo carine, e Yager è diventato una specie di casa-lontano-da-casa. Anche se alla fine, se si considera che è parcheggiato lì di fronte, non è poi così lontano.
La domenica di marzo in cui ebbe inizio questa storia, io mi trovavo, appunto, su Yager, a leggere sul divano. Ivan, il mio gatto, mi si era acciambellato sul petto. Ogni tanto gli grattavo le orecchie e lui per tutta risposta faceva le fusa.
Scossi la testa e abbandonai il libro a terra, di fianco a me, schioccando la lingua per la delusione.
«Non ci siamo, amico mio» dissi. Ivan aprì gli occhi e guardò dritto dentro ai miei. Ivan è praticamente perfetto, in quasi ogni cosa. Ma la sua massima perfezione sta nella sua capacità di ascoltare. «Questo libro è caruccio» proseguii. «Non ha nulla che non va. Ma con tutti i libri pazzeschi che ci sono al mondo, mica posso perdere tempo con un libro caruccio. Giusto?»
Ivan mi rispose con uno sbadiglio di assenso.
Sospirai e mi guardai intorno. Sarebbe stata la giornata ideale per invitare un amico a bordo. Se solo, come dire... ce l’avessi avuto un amico. Gatto a parte. E io, gatto a parte, un amico non ce l’avevo.
Il mio sguardo vagò fino alla libreria di Rodeo. Mi scollai Ivan di dosso e andai a darci un’occhiata.
Mi misi in ginocchio e passai in rassegna i titoli, nella speranza che qualcosa mi sconfinferasse. C’era Il Piccolo Principe, che è un gran bel libro, ma l’ho letto e riletto un sacco di volte. Idem per Il vecchio e il mare e Io so perché canta l’uccello in gabbia. Ivan mi raggiunse e prese a strofinarsi contro il mio fianco, coda alta e dritta. Mi soffermai su una vecchia e malconcia edizione economica delle poesie di Kahlil Gibran. Ne avevo lette alcune in passato e non mi erano dispiaciute. Ma in quel momento non ero proprio in vena di poesia.
Decisi di dare comunque una sfogliata, ma quando allungai il braccio per prendere il volume Ivan mi urtò il go- mito con il muso, la mia mano fece un movimento brusco e invece di afferrare il libro lo spinsi giù. Finì, con un rumore sordo, nello spazio buio fra libreria e parete.
«Ecchecavolo!» dissi, girandomi di lato per infilare il braccio lì dietro. Tastai qua e là alla cieca. Ivan mi si avvicinò al viso facendo le fusa. «Tu stammi alla larga!» gli intimai.
Sfiorai quello che secondo me doveva essere per forza il dorso del libro. Cacciai fuori la lingua, mi allungai tutta e lo agguantai.
Ma l’oggetto che strinsi fra le dita non era un libro. Era qualcos’altro. Aveva sì gli angoli e i bordi duri, ma era più grosso e pesante di un libro. Serrai la presa e feci appena in tempo a sfilarlo da lì dietro, perché subito dopo mi scivolò di mano e finì a terra con un gran tonfo. Mi inginocchiai e avvicinai l’oggetto, osservandolo alla luce.
Era una scatola.