Diario d'acqua. Viaggio a nuoto attraverso la Gran Bretagna
Il perfetto compagno per una vigorosa nuotata in poltrona...
e un magnifico sguardo sul mondo Telegraph Weekend
Camminare o andare in bicicletta non sono gli unici modi per entrare in contatto con la natura. Con Diario d'acqua. Viaggio a nuoto attraverso la Gran Bretagna Roger Deakin indica una nuova strada o, meglio, una via d’acqua. Quella che può essere percorsa se, letteralmente, ci si spoglia dei panni della civiltà e ci si cala nel più liquido degli elementi per nuotare.
Pubblicato per la prima volta in Gran Bretagna nel 1999, Diario d’acqua è il primo dei volumi dedicati da Deakin alla propria personalissima interpretazione del “New Nature Writing”. Una forma letteraria che riprende i grandi temi introdotti nel XIX secolo da Henry David Thoreau e Ralph Waldo Emerson e che propone un ritorno alla natura attraverso il recupero delle corrispondenze tra l’uomo e il mondo che lo circonda.
Nel successivo Nel cuore della foresta (EDT 2008) l’attenzione sarà tutta per i boschi e il legno (come sarebbe piaciuto al suo maestro Thoreau). In Un anno a Walnut Tree (apparso postumo nel 2007 e pubblicato da EDT nel 2009), invece, Deakin consegna alle pagine del proprio journal le impressioni di un anno trascorso nella grande casa colonica che dà il titolo al libro. In questo libro d’esordio - che EDT pubblica per la prima volta in italiano - Deakin sceglie di concentrarsi sull’acqua. Quell’acqua che, come dicono gli abitanti delle isole scozzesi, non divide ma unisce i territori e le persone.
Il tema è universale e, nello stesso tempo, vicinissimo alla sensibilità dell’ambiente in cui l’autore si muove. Il libro diventa così l'apologia di una flânerie vissuta tra canali, laghi o tratti di costa, con lo sguardo sempre vigile e la bracciata sciolta. Un modo di essere, e di viaggiare, che si trasforma nella metafora di un ritorno all’origine, a quell'acqua che, insegna la fisiologia, è l’elemento principale del nostro corpo.
Come sempre nei libri di Deakin, intorno al motivo che dà origine all'ispirazione orbita un cosmo sterminato di riferimenti. Con la stessa passione e rispetto con cui il grande Leibniz riconosceva nel più piccolo degli insetti l’opera del Creatore, l’autore di Diario d’acqua tesse una rete di rimandi che sembra non voler lasciar nulla per strada. Animali, piante, ambienti, stili e forme di vita sono tutti ricompresi, senza trascurare figure chiave della letteratura come George Orwell.
Le pagine dedicate al grande maestro sono rivelatrici del modo di procedere di Deakin. Se Lord Byron aveva l’abitudine di spostarsi a nuoto per i canali di Venezia, da un party all’altro, Orwell – si legge in Diario d'acqua – trova un rifugio e un approdo sull’isola scozzese di Jura nell’aprile del 1946. In questo ambiente selvaggio, cerca conforto per la perdita della moglie Eileen, morta nell’inverno precedente, e inizia a scrivere il profetico 1984.
Nelle acque del Golfo di Corryvreckan, che separano l’isola di Jura da quella di Scarba, lo attende l’incontro con il limite e con ciò che non può essere affrontato. Qui, infatti, turbina senza sosta un vortice insuperabile, classificato dalla Royal Navy come “non navigabile”. Mentre Orwell si avvicina in barca, il motore fuori bordo viene sradicato dalla forza delle acque. Il naufragio sembra inevitabile, ma la forza ai remi dei compagni salva la vita dei temerari viaggiatori. L’episodio non contiene solo una buona dose di adrenalina, ma diventa una chiave di lettura per il capolavoro in gestazione. Con le parole di Deakin:
Il gorgo e il golfo erano la quintessenza della selvaggia Jura e di tutto quel che lo stato di polizia aveva abolito nel "1984" di Orwell, ben conscio che ciò che è selvaggio nutre la libertà di pensiero e di azione. Quando Winston e Julia vanno in campagna e fanno l’amore nell’apparente solitudine di una radura tra i frassini, osano a malapena parlare, perché sanno che negli alberi sono nascosti dei microfoni. Come Orwell ha dimostrato, decidendo di venire a Jura per scrivere il suo ultimo romanzo, i gorghi e i luoghi selvaggi sono indissolubilmente legati alla nostra capacità creativa.