#ioriparto: Franco Michieli – Ascoltiamo la natura

#ioriparto: Franco Michieli – Ascoltiamo la natura

I due mesi di clausura per difenderci dal coronavirus si contrappongono all’impulso naturale di vivere attivamente e ripartire. Per riflettere su come farcela senza cacciarci di nuovo in trappola conviene prima scuoterci di dosso qualche slogan di troppo che ancora imperversa.

Guardando la situazione con occhi da geografo-esploratore, direi che non è vero che la pandemia era imprevedibile e che ha colto tutti di sorpresa. Certamente imprevedibili e tuttora poco note sono le caratteristiche biologiche del SARS-CoV-2 e suoi effetti sull’uomo; invece era noto a tutti che lo stile di vita contemporaneo e l’insostenibilità dello sviluppo economico globale presto sarebbero stati ridimensionati da una crisi più seria di altre recenti, dovuta anche all’aggravarsi del riscaldamento climatico. La prospettiva di una pandemia da anni è oggetto di riflessioni in pubblico e non, anche tra non addetti ai lavori. Quando è arrivata non ci rimaneva che dire: «Ecco. È adesso». Sentirci sorpresi è stata una difesa psicologica che ora va superata.

Il secondo punto da chiarirci è che affrontare la pandemia non vuol dire essere in guerra, ma essere in cura e dover curare. Purtroppo la concomitante “guerra dei dazi” tra Stati Uniti e Cina è invece una realtà, e fa da sfondo alla disinformazione che ha caratterizzato la diffusione del contagio. Ora chi ha attaccato si trova in ginocchio.

Conviene anche smontare lo slogan «Nulla sarà più come prima». Le proprietà fisico-chimiche della materia non cambiano, saremo sempre nello stesso mondo con il nostro DNA. Alcuni aspetti della vita umana dovrebbero sì cambiare, ma il rischio è che si accentuino difetti già enfatizzati dalle tendenze pre-Covid. Il più grave per le coscienze è la deriva verso la virtualità e la perdita di contatto col mondo reale, situazione peggiorata dalla clausura. L’obiettivo dovrebbe essere valorizzare ciò che c’era di buono e modificare solo i comportamenti dannosi, che sono tanti.

Infine, la retorica insostenibile attorno alla clausura che ci avrebbe «resi tutti uniti e migliori» ha superato il patetico ed è meglio prenderne le distanze. Direi che in tutta la crisi nulla è stato più ipocrita della pubblicità che ha accostato prodotti consumistici a resilienza eroica: a ogni break è parso che il televisore si trasformasse in un sepolcro imbiancato da cui fuoriuscivano sviolinate senza pudore e gocciolio di melassa. Ma stare rinchiusi non fa affatto bene alla coscienza, a meno che non faccia parte di un percorso di meditazione molto consapevole. La maggioranza dei carcerati esce peggiorata e torna a delinquere.

In conclusione, pensando ora a come ripartire, resto convinto che i mutamenti necessari ai nostri comportamenti globalizzati fossero perfettamente chiari già da tempo e non credo siano stati rivelati da ciò che sta accadendo. Però spero sia vero che chi derideva le proposte di cambiare il nostro sistema abbia avuto occasione per ripensarci.

Metterei al primo posto la ricerca della corporeità nostra e dell’ambiente che ci circonda. L’impreparazione generale dell’attuale società non dipende solo dall’esaltazione populista della mediocrità; tutti, ipnotizzati dalla rete, paghiamo lo scotto del distanziamento pluridecennale dalla materia. Se vogliamo recuperare un po’ di saggezza dobbiamo riconquistare tempi senza rete e di immersione nel reale per assorbirne i comportamenti e la logica. Basta immagini di persone e luoghi; basta riflettere su noi stessi e sui prodotti virtuali della nostra mente. Dentro questa gabbia non ritroviamo altro che i vecchi paradigmi che mille volte ci hanno già messo nei guai. Ora è il momento di ascoltare il divenire della natura e delle altre specie viventi: come mai, per esempio, le piante più crescono e coprono la Terra meglio sta l’intero ecosistema, mentre il nostro crescere è sinonimo di estinzioni? Perché ogni specie animale selvatica ha un tipo di intelligenza che lo mantiene in equilibrio nel suo habitat, per noi è il contrario?

Per farcela dovremo spostare i nostri punti di vista da quello antropocentrico tradizionale agli innumerevoli altri dei viventi terrestri, e imparare molto da loro. Riprendere a camminare, a viaggiare, a esplorare secondo me non potrà più consistere nel collezionare siti esotici dove farsi un selfie, ma nell’inoltrarsi in luoghi di diversità dove fermarsi, attendere e ascoltare.

Franco Michieli

Geografo, esploratore e garante internazionale di Mountain Wilderness, Franco Michieli ha realizzato grandi traversate a piedi di catene montuose e terre selvagge interpretandole solo con occhi e facoltà umani, senza Gps, strumenti ricetrasmittenti, mappe, bussola e orologio, mostrando che nel rapporto concreto fra uomo e natura si trovano molte soluzioni che la civiltà ipertecnologica ha dimenticato. Ha raccontato le sue esperienze in centinaia di articoli, conferenze e nel film La via invisibile. Tra i suoi libri La vocazione di perdersi. Piccolo saggio su come le vie trovano i viandanti (Ediciclo, 2015); Andare per silenzi (Sperling & Kupfer, 2018) e in uscita L’abbraccio selvatico delle Alpi (Ponte alle Grazie), racconto della traversata delle Alpi da mare a mare compiuta a 19 anni.

#ioriparto

È difficile sapere che cosa i giorni strani e durissimi della quarantena hanno depositato dentro di noi, ma prima o poi dovremo riprendere il controllo delle nostre vite, e non sarà facile. È così che in EDT abbiamo pensato di dedicare uno spazio all’idea di ripartenza. Abbiamo chiesto agli autori e agli amici della casa editrice uno spunto che possa essere di ispirazione in questo complicato frangente. Sono voci da tutto il mondo e ci proporranno un concetto, un ricordo, un libro, un brano musicale: il loro punto di ripartenza personale, una fonte a cui attingere l’energia di cui ora avremo bisogno, all'insegna del motto #ioriparto.