La linea del consenso: rossa è la notte

Bambini e ragazzi

La linea del consenso: rossa è la notte

Un romanzo potente e lucido sul confine tra consenso e violenza: quello che per Rod è stato il coronamento di un sogno d'amore, per Aurélie è l'inizio di un incubo.

Rodrigues non sta nella pelle: è invitato al concerto dei Nuit Rouge dalla cantante Aurélie e poi trascorrerà il resto della serata con lei e i suoi amici. I due si conoscono, frequentano la stessa scuola, lui è un suo fan e prova una grande attrazione per quella ragazza così carismatica e sicura di sé. Quando al parco l’amica si lascia baciare,
per Rodrigues il sogno diventa realtà: sull’erba lungo il fiume i due hanno un rapporto che sembra meraviglioso, e anche se al risveglio lei è sparita. Rod si sente pronto per una grande storia d’amore.
Ma la mattina dopo, chi bussa alla porta di casa non è la sua amica: sono i poliziotti in borghese. Quello della sera prima è stato, secondo loro, un chiaro caso di stupro. Rod è incredulo: lei lo ha baciato, non lo ha respinto, è stato bellissimo. Ma i referti medici, le dichiarazioni della ragazza e quelle di chi l’ha assistita dicono una cosa molto diversa: i segni di un rapporto non consensuale sono molto chiari. Rossa è la notte è un romanzo che ci impone di guardare l’abisso che a volte divide passione e consenso.

Magali Wiéner accompagna lettrici e lettori all’interno della storia lasciando che ognuno dei personaggi racconti la propria versione in prima persona, in un caleidoscopio di prospettive che impone a chi legge di abbandonare giudizi e preconcetti e tenere la mente e il cuore aperti al dialogo. Il primo a raccontare è Rod, che non solo non ha colto i segnali di Aurélie, ma non legge i fatti nemmeno di fronte all’evidenza. Nel suo racconto, tutta la vicenda è un gigantesco malinteso prima e un sopruso poi: è sua la vita rovinata e compromessa per sempre, come è possibile che nessuno riesca a capirlo? La rabbia latente, la vita in carcere, la sensazione di sconfitta e di tradimento annebbiano il suo granitico punto di vista di innamorato tradito.
La parola passa poi agli atti processuali: il puzzle della notte si completa, i fatti e le responsabilità si mostrano chiari al lettore e alla giuria popolare chiamata a emettere la sentenza. Infine arriva la voce di Aurélie, carica di un dolore quasi insostenibile da tanto è profondo; la fatica di convivere con il proprio corpo violato; e poi il dover ricominciare temendo di sentirsi giudicata come se non fosse la vittima.
Ogni sentimento è esposto con lucidità e consente al lettore di immedesimarsi in ciascuno dei due ragazzi di fronte al fatto compiuto. Se da un lato Rod e Aurélie sono i protagonisti indiscussi del romanzo, vicino ai loro pensieri guizzano quelli di chi a sua volta è coinvolto nella situazione, ampliando la visione sul reato che è intimo, ma capace di causare fratture e distorsioni ben oltre la sfera privata.
Ma Wiéner riserva alla sua protagonista una speranza, seppur livida e fragile. Ci vorranno molto tempo, una nuova città e le persone giuste per farle ritrovare un posto nel mondo: il futuro sa aspettare anche chi è costretto a rallentare perché ferito.

Magali Wiéner (1973) ha una formazione in lettere classiche e un’attività autoriale che spazia
dall’adattamento teatrale e televisivo, al documentario, al romanzo. Quando scrive, si rivolge soprattutto agli
adolescenti. Quando insegna, invece, agli adulti: è tra i professori della scuola superiore di formazione
insegnanti (IUFM) di Montpellier.

Un estratto

Raggi di luce verde filtrano attraverso il tessuto africano che funge da tenda. Apro gli occhi e li lascio vagare sulla stoffa. Un regalo di mio padre in occasione del mio primo soggiorno con lui nell’Oceano Indiano. Ghirlande di tartarughe riempiono il telo. Le guardo nuotare in un mare immaginario. Presto sarò laggiù, tra le onde, insieme a loro, insieme a lui. Aspetto quest’estate da due anni. Mi lascio inghiottire dal caldo delle lenzuola. Il laboratorio di mia madre è silenzioso, se n’è andata senza di me. Quando è venuta a bussare alla mia porta, verso le dieci, non sono riuscito ad alzarmi, ero impantanato nel sonno, mi sono scusato con voce pastosa. Lei ha richiuso la porta borbottando che non era stata una buona idea tornare all’alba. Non la capisco. Non è mica così grave, la Festa della musica c’è una volta l’anno. Non appena si è allontanata mi sono riaddormentato. Come per magia mi sono ritrovato al fianco di Aurélie, alle sue cosce morbide e al suo collo offerto ai miei baci. Mi chiedo dove sia. Ho voglia di rivederla. Stamattina le ho mandato diversi sms e anche dei vocali, le ho perfino dato il mio indirizzo dicendole che poteva passare da me oggi prima del mio allenamento. Nessuna risposta. Sicuramente stava dormendo.
Ripiego il gomito, fisso il soffitto e mi dico ad alta voce: «Mi sa tanto che sei innamorato, Rod!». Tiro fuori il tele- fono, ma il gong binario del campanello attraversa il corridoio e interrompe il mio slancio. Lo schermo si accende, mezzogiorno passato! Aspetto un po’, perché se è la vicina la conosco, non insiste mai, fa sempre un unico scampanellio. Controllo se Aurélie mi ha scritto. Seconda scampanellata, più energica. Insistente. Non è la vicina. Magari è Aurélie, che preferisce vedermi piuttosto che scrivermi. Scendo dal letto, afferro un paio di jeans e una maglietta pulita. Terza scampanellata. E un attimo, arrivo! Passo dal bagno, mi butto in faccia un po’ di acqua fredda per svegliarmi del tutto. Quarta scampanellata che vibra ancora più forte. Se è Aurélie, deve darsi una calmata! Corro alla porta. Apro. Davanti a me, due uomini e una donna in polo scura. Piuttosto giovani, stazza da sportivi. Non li conosco. Mai visti.
«Polizia.»
Quello più vicino alla porta infila il piede nello spiraglio. La donna apre di scatto un portacarte in pelle nera screziata. Le dita piegate tengono il titolo davanti ai miei occhi. Vedo una tessera grande quanto una carta di credito, con la striscia tricolore nell’angolo superiore sinistro, la sua foto in bianco e nero e in maiuscolo rosso la scritta POLIZIA. Quello con un neo sulla guancia mi si avvicina. Mi chiede se sono io Rodrigues Charpes. Sono frastornato. Sì, sono io, cosa vogliono da me? Cerco di scacciare la preoccupazione che comincia a paralizzarmi. La mia carta d’identità? Non so più dove sta, ma ho il passaporto. Perfetto. Glielo porgo.
«Sa perché siamo venuti a prenderla?» mi chiede la donna.
I tre poliziotti restano immobili davanti alla porta aperta. Nella mia testa gira tutto velocissimamente. Forse si tratta di mia madre? Magari le è successo qualcosa... o forse c’entra con la serata di ieri? Per le canne al parco, o magari Nico ha avuto un problema? Non capisco più nulla, con la bocca intorpidita articolo: «No, non ne ho idea».