L'incontro con Lennie Tristano
Improvvisatori si nasce. Che Lee Konitz lo sia da sempre lo conferma questo breve brano nel quale il sassofonista racconta il suo incontro giovanile con Lennie Tristano, che lo prese come allievo proprio dopo averlo ascoltato in una jam session.
I ricordi di Konitz dipingono Tristano come una personalità magnetica ma disturbata, la cui influenza fu una fonte per la grande originalità del sassofonista, alla quale però in seguito egli dovette sottrarsi, pagando un certo prezzo personale, e con tensioni irrisolte. In questo capitolo vengono discussi gli studi con Tristano, poi le infl uenze di Lester Young e Charlie Parker. La partecipazione di Konitz alle registrazioni e ai gruppi di Tristano sarà discussa nel prossimo capitolo insieme alla sua analisi della musica del pianista.
Konitz: Ho incontrato Tristano per la prima volta mentre suonavo con un'orchestra da ballo in una sala della zona sud-ovest di Chicago. Un mio amico, un pianista di nome Joe Lipuma, lavorava in un pub dall'altra parte della strada, il Winkin' Pup. Quando ebbi finito di lavorare andai a sentirlo. L'altro gruppo che suonava nel locale era una specie di orchestra messicana, e Tristano suonava con loro. Mi aggiunsi anch'io, e parlai un po' con lui.
Che cosa ti colpiva in quel momento nel suo modo di suonare?
Suonava molti accordi a blocchi, nello stile di Milt Buckner, linee molto interessanti, aveva davvero una concezione musicale particolare. Non c’entrava molto con il contesto di musica latina, ma era particolarmente avanzato!
Quando Tristano ti ha sentito suonare per la prima volta tu eri al tenore. Si ricordava che suonavi in modo “orribile, atroce”. Ti disse: «Lascia perdere il tenore, suona l’alto».
Non ricordo mi abbia dato un suggerimento del genere. E che mi abbia criticato così duramente, dal momento che non mi ero ancora formato, mi suona piuttosto strano. Forse È un modo per dire come fosse bravo come insegnante, prendendo un tizio senza nessun talento. Che poi abbia detto veramente quelle cose È un’altra questione.
Credo che molte di queste interviste degli anni Quaranta e Cinquanta, che citano te o Charlie Parker, per esempio, mettono parole in bocca ai musicisti. Come tu stesso dici, se suonavi in modo così orribile, perché ti avrebbe preso come allievo?
Beh, si guadagnava la vita insegnando, anche se credo di essere stato uno dei suoi primi allievi. Io avevo già cominciato a improvvisare, senza molta preparazione. È quello che apprezzava in me, il fatto che io fossi un improvvisatore. Il modo in cui suonavo allora può darsi che fosse più vicino a come suona un improvvisatore libero. Non sapevo molto di cambi d’accordo e roba del genere.
Andy Hamilton
Lee Konitz
Conversazioni sull'arte dell'improvvisatore
Testo tratto dal capitolo II. Modelli formativi.
Lennie Tristano, Charlie Parker e Lester Young © EDT 2010