L’occhio e la mente: illusioni a Roma

Saggi e narrazioni

L’occhio e la mente: illusioni a Roma

Tra gli innumerevoli criteri che possono indirizzare una visita a Roma ce n’è uno, insolito e curioso, che viaggia sul filo delle illusioni.

 

Parliamo delle illusioni innescate dalla prospettiva, che crea esempi di "anamorfosi ottica": si tratta di rappresentazioni, spiega Silvia Benvenuti, autrice de In viaggio con i numeri, «in cui l’oggetto raffigurato risulta deformato se osservato da un qualsiasi punto che non sia quello privilegiato, dal quale invece si può osservare una figura completamente proporzionata e realistica».

Il giro comincia davanti a Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato. Siamo in pieno centro, piazza Farnese è a 200 metri, Campo de’ Fiori poco più lontano. In un giardino, raggiungibile attraverso un corridoio colonnato lungo una quarantina di metri, è collocata una statua di un guerriero romano a grandezza naturale. Un momento, però. Quando ci si accinge a percorrerlo il corridoio non sembra più così lungo: sono poco più di 8 metri! E la statua è alta appena 60 centimetri! L’illusione è perfetta: Francesco Borromini, cui si deve il portico, ha applicato i teoremi 6, 10 1 11 dell’Ottica di Euclide, che recitano:

6. Segmenti paralleli visti da lontano appaiono non paralleli.

10.Tra i piani che giacciono sotto l’occhio, quelli più lontani appaiono più in alto.

11. Tra i piani che stanno sopra l’occhio, quelli più lontani appaiono più in basso.

Questi enunciati sono meno ostici di quello che sembra. Del teorema 6 abbiamo tutti esperienza diretta quando guardiamo un viale alberato o i binari della ferrovia: le sue linee parallele tracciate dai filari e dalle rotaie sembrano convergere. Il teorema 10 e l’11 «ci dicono che, se ci limitiamo a considerare i piani paralleli al piano dell’orizzonte, a mano a mano che si allontanano, quelli di sotto ci appaiono più in alto (come “in salita”), quelli di sopra ci appaiono più in basso (come “in discesa”)». L’inganno architettato da Borromini gioca sul conflitto tra occhio e mente per fare sì che il corridoio sembri molto più lungo di quanto non sia. Il pavimento del corridoio, poi, è in leggera salita, il soffitto è invece un po’ in discesa: le colonne sono di conseguenza un po’ più basse a mano a mano che si avvicinano alla statuetta del guerriero, che di conseguenza sembra molto più grande rispetto alle dimensioni reali.

Gli stessi principi si trovano applicati nella chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, in Campo Marzio. Costruita nel Seicento accanto al seminario gesuita, stabilitosi nel 1560 negli edifici della Marchesa della Tolfa, la chiesa accoglie le tombe di alcuni grandi personaggi del cattolicesimo: san Luigi Gonzaga, che si prodigò nell’assistenza ai malati e ai bisognosi nella Roma di fine Cinquecento; san Giovanni Berchmans, patrono della gioventù studentesca insieme allo stesso san Luigi e san Stanislao Kotska; Roberto Bellarmino, cardinale e dottore della Chiesa, figura di primo piano della Controriforma, coinvolto nei processi a Galileo, Tommaso Campanella e Giordano Bruno.

In questa chiesa gli effetti e i tranelli prospettici si sprecano. L’affresco che sormonta la navata, opera tardo secentesca di Andrea Pozzo, è probabilmente uno dei più estesi al mondo per superficie «È parecchio strano», osserva Benvenuti.

«Le figure appaiono distorte, le proporzioni non sono del tutto realistiche e convincenti, c’è qualcosa che non va, insomma, una sensazione di fastidio, di mancanza di armonia, che lascia perplessi. Distogliamo quindi gli occhi dal soffitto per portarli sul pavimento, i cui motivi geometrici evidenziano un punto dove, incuriositi, ci dirigiamo: da lì torniamo a rivolgere lo sguardo alla volta e... che meraviglia!».

Dal quel punto l'affresco appare in tutta la sua magnificenza: lo spazio sembra non avere fine intorno alla scena che rappresenta la gloria di sant’Ignazio di Loyola e l’attività apostolica della Compagnia di Gesù nel mondo.

E le meraviglie non sono finite. Andrea Pozzo ha dato prova di sé anche nella finta cupola che si trova all’incrocio del transetto: un esempio eccezionale di “finta architettura” realizzato attraverso la pittura. Sulle prime, l’aspetto della cupola può sembrare modesto, soprattutto in confronto agli splendori dell’affresco. La delusione cede però il passo all’incredulità quando ci si rende conto che non si tratta di una cupola, ma di un dipinto di ben 17 metri di diametro: il punto di fuga della prospettiva è collocato verso la volta della navata e cattura il visitatore che avanza all’interno della chiesa.

Questi sono soltanto due esempi dei giochi di illusione e prospettiva che architetti e pittori hanno realizzato nelle piazze, nei palazzi e nelle chiese di Roma. Altri, celebri e incantevoli, si trovano a Trinità dei Monti, nella Colonna Traiana, nella piazza del Campidoglio e in tanti altri posti: a voi scoprirli, con scarpe comode ai piedi e il libro di Silvia Benvenuti da sfogliare come una guida alle meraviglie di Roma e di altre otto città d’arte italiane.