Enigmi alla Galleria Borghese: Minuti contati
Un frenetico giallo tra i corridoi del museo si intreccia con la traversata di un pastore eritreo verso la salvezza
A Villa Borghese tutto ha un fascino speciale: la bellezza vive in ogni opera esposta tra le sale del museo. Riky e Stella, studenti del liceo artistico, svolgono lì uno stage: sono gli unici della classe ad aver accettato la proposta e si occupano di controllare il flusso dei visitatori.
Uno di questi, però, insospettisce Stella: traffica con lo zaino, la guarda di sottecchi, ha qualcosa di equivoco ma familiare. Agendo furtivamente, tramite Riky fa avere alla ragazza uno strano biglietto: contiene un indovinello che parla di passato e di futuro, e che si chiude con una minaccia precisa. “Risolvi l’enigma o salterà tutto per aria”. Uno scherzo sopra le righe o un pericolo concreto? Non è il caso di rischiare, e non c’è tempo da perdere: Stella e Riky si avventurano tra statue e quadri in cerca della soluzione, e ogni volta che sembra abbiano risolto un quesito, eccone un altro ad attenderli sotto un piedistallo, dietro a una cornice, tra le fauci di qualche bestia scolpita. Riusciranno a trovare (e a risolvere!) tutti gli enigmi che quel folle ha disseminato tra i corridoi del museo prima della chiusura?
Ma non è tutto; le statue hanno uno strano potere su Stella: le parlano! Succede che come in un sogno gli uomini, gli dei, le creature di marmo cominciano a raccontarle una storia: un’avventura scura e incalzante che nasce in Eritrea, da cui un giovane pastore sta tentando di fuggire in cerca di un nuovo futuro in Italia…
Minuti contati è il nuovo romanzo di Maria Beatrice Masella, una corsa contro il tempo dedicata all’arte, alla bellezza e alla sua importanza per l’umanità. I due protagonisti, legati da un’amicizia profonda, vivono con grande passione il loro compito al museo, sia quello di maschere che quello legato al mistero dei messaggi: la meraviglia che li circonda va protetta in ogni modo! La magia però non si nasconde solo nella bellezza di una statua del Bernini o di un quadro del Caravaggio: la magia ha bisogno di attivarsi negli occhi di chi la ammira e la riconosce, altrimenti rischia di essere fraintesa o male utilizzata. La conoscenza della storia delle opere e la capacità di comprenderne il significato sono le chiavi che aiutano Stella e Riky a entrare nella mentalità del nemico: è il loro amore per l’arte a guidarli, è lì che trovano le risposte agli enigmi.
Intanto, davanti a tanta maestosità, le statue parlano molto chiaro a Stella durante i suoi black out onirici. Il racconto del viaggio di un giovane pastore eritreo, in fuga con la famiglia verso il Mediterraneo, è costellato di fatiche, di dolori e di soprusi che le sculture, altrettanto cariche di sofferenza, descrivono con poesia ma anche con sincerità. Tenace e determinato, il ragazzo attraversa un’odissea palpitante e commovente, ruvida e sofferente ma costellata di speranze: scoprire cosa la sua storia abbia a che fare con Stella è il compito del lettore, che pagina dopo pagina attende che si sveli anche questo mistero.
Insomma, la vita stessa è permeata di arte, e chi sa riconoscere il bello potrà avere una vita piena. Chi vive nella bellezza potrà convivere con il dolore, perché fa anch’esso parte dell’esistenza; ma chi si lascia andare alla disumanità sarà condannato alla bruttezza, e con la bruttezza non ci si può salvare.
Siete mai stati a Villa Borghese? Non intendo il parco, pure incantevole, con i pini altissimi e gli arbusti bassi e fitti, le radure improvvise, il laghetto e le fontane al centro, il galoppatoio e il belvedere del Pincio, e con tutti questi elementi che si mischiano insieme tanto da sembrare una specie di paradiso terrestre che non debba finire mai. Vi sto chiedendo se siete stati proprio nella Galleria, l’edificio del Seicento con le magnifiche esposizioni d’arte al suo interno e quella pianta protettiva e quadrata, o almeno così mi è sempre parso che fosse. Quando ci stai dentro pensi che nulla di male possa accaderti, che il tempo si sia fermato, che la bellezza regnerà sovrana e il mondo sarà ancora un posto dove si può vivere in pace.
Poi è arrivata quella giornata. La giornata più pazzesca che si possa immaginare di vivere dentro la Galleria Borghese, forse la più assurda della mia vita. E non credo che potrò mai cambiare idea a riguardo. Anche se la vita è lunga e non si può mai esserne sicuri, come mi dice mio padre quando non trova le parole giuste per consolarmi o cavarmi dai pasticci. Intende che tutto è possibile, che non bisogna mai abbandonare la speranza, che c’è sempre qualcosa di imprevedibile nell’esistenza di ciascuno di noi. Quindi se vedi tutto nero o hai davanti una montagna che non si sposta, non ti devi scoraggiare perché da qualche parte la soluzione c’è anche se tu non sai ancora dove.
Lui lo può ben dire. Era figlio di un pastore eritreo, a tre anni già lo seguiva al pascolo con il suo piccolo bastone di legno profumato di ginepro e si immaginava che avrebbe percorso con le capre le montagne in lungo e in largo, quando il mondo ha girato così forte che a quindici anni – ora che ci penso, aveva proprio la mia età – si è trovato prima in mezzo al mare e poi in Italia. Passo dopo passo è diventato un operaio italiano e ha incontrato mia madre che viveva al Testaccio ma aveva origini piemontesi.
Così siamo nate io e mia sorella, sicuramente le più romane della famiglia ma con un po’ di Piemonte e un po’ di Africa che scorrono nelle nostre vene. A volte penso ai geni e me li figuro, eliche che ci fanno frullare nel fluido della nostra esistenza. Un frullo a destra, un frullo a sinistra e il nostro destino è tratto. Me li immagino a forma di etichette, come quando vai in lavanderia e ti lasciano lo scontrino con il codice attaccato con le spillette, che per cavarlo via poi fai una bella fatica.
Stavo facendo tutti questi ragionamenti confusi e forse anche inutili mentre controllavo il flusso dei visitatori della Galleria Borghese, quella mattina.