Il coraggio di Nica

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Il coraggio di Nica

Thelonious Monk in giacca e cravatta con un secchio sulla testa, addormentato con un gatto in grembo, avvolto in una pelliccia lunga fino ai piedi. Monk su un balcone mentre addenta una mela, Monk che balla su una gamba sola, Monk che gioca a ping pong a torso nudo. Sono alcuni dei momenti e delle pose in cui il leggendario musicista compare nelle prime pagine di Tre desideri.

A lui per primo la baronessa Pannonica Rothschild, appartenente al ramo inglese della celebre famiglia, rivolse la domanda «Se ti fosse concesso di esaudire all’istante tre desideri, quali sarebbero?». Tra il 1961 e il 1966 avrebbe fatto la stessa cosa con altri 299 grandi jazzisti. Quarant’anni dopo le risposte, e le centinaia di fotografie scattate dalla stessa “Nica”, avrebbero dato corpo a questo libro, che anche nella veste grafica e redazionale restituisce il fascino dei testi scritti a macchina e delle Polaroid.

Immagini e jazz, dunque, due delle passioni della baronessa Rothschild. Da bambina, talentuosa nel disegno, vinse un premio messo in palio dalla Royal Drawing Society e per tutta la vita si dedicò alla realizzazione di quadri astratti servendosi dei materiali più disparati, oltre a indagare il movimento, la luce e il colore con la macchina fotografica. Anche l’amore per il jazz affonda le radici negli anni dell’adolescenza: il padre possedeva una notevole collezione di dischi e il fratello Victor prendeva lezioni dal pianista Teddy Wilson, Fu proprio in compagnia di Wilson che Nica, trasferitasi a New York dopo la separazione dal marito Jules de Koenigswarter, ascoltò per la prima volta la rivoluzionaria ‘Round Midnight di Thelonious Monk.

Era l’America segregata degli anni Cinquanta, in cui le aristocratiche bianche non erano solite accostarsi a uomini neri, tantomeno essere loro amiche. Eppure Nica divenne non solo amica, ma confidente, manager e punto di riferimento di tantissimi jazzisti, tra cui Lionel Hampton, Art Blakey, Walter Davis, Bud Powell, Coleman Hawkins, Sonny Clark, Charlie Parker, Tommy Flanagan. Uomini ammirati per il loro talento, che tuttavia non li metteva al riparo dalla discriminazione.

Guardata con sospetto, bersagliata dai giornali scandalistici, spesso infastidita dalla polizia, trattata da indesiderabile nei ristoranti e negli alberghi, la coraggiosa Nica si trovò molte volte nei guai. Ricorda Nadine de Koenigswarter, nipote della baronessa, nella Prefazione a Tre desideri, «quando Nica accompagnava Monk ai suoi concerti nel sud degli Stati Uniti e capitava che camminassero tenendosi a braccetto, la gente cambiava marciapiede oppure sputava a terra al loro passaggio».

Queste forme di razzismo bieco, in ogni caso, non bastavano certo a scoraggiare Nica. Oltre agli aiuti materiali, sempre generosi (acquistò una casa a Weehawken, nel New Jersey, e la mise a disposizione dei propri amici), si impegnò anche in diverse battaglie per i diritti civili, contestando le norme persecutorie verso i neri, smuovendo l’opinione pubblica e sostenendo petizioni accolte infine dalle autorità.

Questa dedizione faceva sì che Nica fosse amatissima dai jazzisti di cui si prendeva cura. Racconta Francis Paudras, pianista e a sua volta grande mecenate di jazzisti: «L’apparizione di Nica era generalmente sinonimo di allegria, niente era mai troppo per noi. Ognuna delle sue adorabili attenzioni veniva presentata come una cosa naturale, con incredibile discrezione. Ero certo di avere incontrato la grande signora del jazz. Lei è stata sostenitrice, confidente, amica intima di tutti e la sua guida più sicura era il suo innato senso della bellezza. Bird, Blakey, Bud e Thelonious erano i suoi amici più intimi e l’hanno confermato tutti quanti».

È curioso, peraltro, osservare come la questione razziale sia quasi assente nei desideri dei musicisti interpellati da Nica. Nadine de Koenigswarter propone due spiegazioni: «Ci si chiede se i musicisti evitino di parlare del razzismo allo scopo di esorcizzarlo, perché a livello inconscio sembra senza soluzione, oppure se il denaro e il successo materiale rappresentino per loro la chiave che permetterebbe di subire in misura minore la segregazione».

Per tornare, in conclusione, alla prima domanda di questo libro, che cosa desiderava Thelonious Monk? Qui non lo sveliamo. Anticipiamo però che «una volta ascoltata la risposta, Nica esclamò: «Ma Thelonious… tutto questo tu ce l’hai già!». E Monk non disse nulla, e sorrise.