Nel Caribe dopo la caduta del Muro
Spesso rappresentati come un "luogo senza storia" o un'area che avrebbe, in qualche modo, eluso i confronti con la modernità, i Caraibi sono invece profondamente legati al resto del mondo.
Da sempre luogo di scambi e di incontri tra persone e culture, le isole hanno paradossalmente fatto del movimento e della circolazione uno dei tratti forti della propria identità. Di questi aspetti, e dei luoghi comuni che il viaggiatore dovrebbe evitare, parla in questa intervista Alejandra Bronfman, autrice del volume non a caso intitolato Isole in movimento. Cuba e i Caraibi dal 1989.
Professoressa Bronfman, come suggerito dal titolo, il concetto di movimento è al centro della sua analisi. Da cosa nasce questa vocazione alla "circolazione" che lei individua nell'anima dei Caraibi?
Dall'arrivo degli europei ai Caraibi, e probabilmente anche da prima, persone, merci e idee sono sempre stati in movimento, da e verso le isole. Si può dire che ai Caraibi ogni cosa e ognuno provenga da un'altra parte. Ancora oggi la vita di molte persone è caratterizzata da un'instancabile ricerca del lavoro - ci sono individui che partono e altri che fanno ritorno, sempre e di continuo. Una delle cause va ricercata nella geografia: le isole sono piccole e, in molti casi, molte vicine tra loro. Un altro fattore da prendere in considerazione è l'eredità del colonialismo e il ruolo dell'area caraibica nella moderna rete finanziaria. I Caraibi sono integrati nell'economia mondiale: le isole sono esportatori attivi di ciò che producono, ma sono anche costrette a importare molti beni di cui sono carenti.
Perché il 1989 può essere considerato una data di riferimento anche per i Caraibi?
La data è ovviamente fondamentale per la storia di Cuba, che all'improvviso perse il sostegno finanziario dell'Unione Sovietica. L'isola dovette affrontare molti anni di ristrettezze economiche, seguiti da una serie di riforme che trasformarono il volto del paese. Il 1989 fu un anno importante anche per la Giamaica, anche se per ragioni diverse. Con la fine della Guerra fredda, gli Stati Uniti iniziarono a stanziare fondi maggiori per la cosiddetta Guerra alla droga, mettendosi alla caccia dei trafficanti oltremare. Questo fenomeno ebbe ripercussioni dirette sulla Giamaica, dove i signori della droga facevano affari d'oro dall'inizio degli anni '80 con l'aumento della richiesta di cocaina e crack. In altre isole, invece, il 1989 non fu così importante. Ad Haiti, per esempio, molto più significativo fu il 1986, quando Jean-Claude Duvalier fu costretto a lasciare il paese. In tutti i Caraibi, poi, ebbe un grande impatto anche la deregolamentazione delle comunicazioni alla fine degli anni '80.
Il presidente del Venezuela Hugo Chavez sta seguendo una linea dura nei confronti degli Stati Uniti. Quali sviluppi prevede che avranno, nel breve periodo, i rapporti tra gli Stati Uniti e i governi socialisti del Sud America?
I prossimi anni saranno davvero interessanti da osservare. Molto dipenderà dalla linea politica adottata dal nuovo presidente di Washington, ma un ruolo determinante lo avranno anche le scelte politiche degli stati latino americani. In realtà non credo che vi siano in quest'area del mondo paesi che possano essere definiti socialisti. Sono nazioni fortemente coinvolte in logiche capitalistiche, con propensioni più o meno marcate verso la redistribuzione della ricchezza.
Bisogna anche considerare che le "relazioni" di cui stiamo parlando avvengono a livelli diversi. Spesso accade che politici, uomini d'affari e istituzioni adottino strategie divergenti. Anche gli scambi culturali avvengono in modo indipendente rispetto alle direttive dei governi; allo stesso modo, le persone continuano a spostarsi da un paese all'altro per vivere, studiare e lavorare. Se si concentra la propria analisi solo su ciò che decidono i governi, si rischia di ignorare un'ampia porzione del quadro.
Quali sono le generalizzazioni da evitare quando si pensa ai Caraibi?
Come metto in evidenza nel libro, sono essenzialmente due: la prima è quella che porta a considerare i Caraibi come un'area priva di storia; la seconda, è quella che vede le isole come un microcosmo a parte, senza relazioni e scambi con il resto del mondo. Inoltre, occore evitare di pensare ai Caraibi come a un insieme omogeneo: i tratti prevalenti sono eterogeneità e diversità. Ogni isola ha caratteristiche proprie, che meritano di essere esaminate.
Che cosa suggerisce a un viaggiatorie attento che aspiri a visitare i Caraibi con il suo libro nello zaino?
Beh, gli consiglio di andare ovunque, di non limitarsi alle spiagge, di parlare con molte persone, di prendersi il tempo necessario a capire la realtà delle isole e, infine, di leggere ciò che hanno scritto gli autori locali.