Jazz! Idee per "Ascoltare il jazz"
“I dischi sono i nostri libri di testo” scrive, citando Max Roach, John Szwed nel suo Jazz! Una guida completa per ascoltare e amare la musica jazz, e tutto il libro suggerisce esplicitamente al lettore di confrontare il complesso percorso musicale, culturale e sociale disegnato dall'autore con l'ascolto delle più importanti registrazioni della storia del jazz, selezionate e commentate dallo stesso Szwed. Ma il jazz si può ascoltare in molti e diversi modi, tutti legittimi, e il capitolo “Ascoltare il Jazz” riassume alcuni di quelli possibili.
Il curatore della edizione italiana, Francesco Martinelli, ha sintetizzato le idee di questo capitolo per proporre alcuni brani rappresentativi, accompagnandoli con le note scritte da Szwed per introdurne l'ascolto. Il volume di Szwed è la prima uscita di una collana prodotta in collaborazione con Fondazione Siena Jazz.
Corpo e onda emotiva
C'è chi ascolta il jazz con il corpo, trovando il piacere nella risposta fisica alla musica, e sotto questo aspetto il jazz può dare molto. Nella serata buona, un gruppo che suona regolarmente insieme può toccare momenti incredibilmente intensi, che spingeranno gli ascoltatori a cavalcare insieme ai musicisti l'ondata emotiva, saltando dalle sedie e incitando spontaneamente il gruppo.
Alcuni musicisti – per esempio Sonny Rollins – riescono a scatenare questo tipo di risposta anche da soli, senza essere accompagnati da nessuno strumento, suonando con invenzione melodica e forza ritmica tali da proiettare la loro energia nel pubblico, creando intorno al musicista quasi una comunità spirituale.
Un beat più leggero e fluido
E tuttavia ci sono alcuni aspetti fondamentali comuni a ogni incontro con il jazz. Uno è l'importanza del ritmo, e più esattamente della sezione ritmica (se c'è). Il ritmo è naturalmente presente in qulasiasi tipo di musica, ma nel jazz è fondamentale, e viene portato allo stesso livello d'importanza con la melodia e l'armonia, anzi forse a un livello superiore.
Praticamente in tutti i gruppi di jazz è la sezione ritmica la guida e l'asse della musica. Tutti i musicisti di jazz, anche quelli ai margini, suonano con un forte senso del ritmo, anche quando – anzi, forse soprattutto – quando suonano contro il ritmo o seguendo una sorta di beatconcettuale. Fu Jo Jones dell'orchestra di Count Basie a introdurre un beat più leggero e fluido, limitando l'uso della cassa e usandola in modo indipendente, come un rullante, lasciando al basso lo spazio per svolgere la funzione di tamburo.
Variazioni in libertà
Un altro elemento cui fare attenzione è la variazione. La maggior parte degli assoli di jazz e spesso anche le parti d'insieme variano quello che è stato già suonato, ricomponendo ogni volta la melodia, cercando di legarsi ad essa in modo nuovo. Ciò avviene usando sia la melodia originale, sia registrazioni dello stesso brano fatte nel passato da altri musicisti, o le variazioni esposte dal solista che ha appena finito, o anche il chorus che è stato appena completato.
Charlie Parker in questa registrazione sfiora la melodia originale di Embraceable You di George Gershwin; al posto delle frasi originali mette invece una melodia presa in prestito dall'inizio di una canzone del 1939, ormai dimenticata, A Table in the Corner. Anche se calza come un guanto ritmicamente e armonicamente, le note che vengono citate sono sempre quelle più acute degli accordi originali della canzone di Gershwin, e questo rende l'assolo aereo, spazioso. Parker inizia tenendosi vicino alle frasi di quattro battute della seconda canzone, ma quando parte per l'improvvisazione sembra che le sue frasi si interrompano solo per il bisogno di prendere fiato.
Arrangiamento e improvvisazione
Una terza cosa da ascoltare è l'interazione – come un musicista risponde a un altro durante una performance. Anche se questo in sé non è necessariamente improvvisazione, cambiare quello che si sta facendo in rapporto a quello che un altro musicista ha suonato è un aspetto fondamentale del jazz, e una forma di improvvisazione collettiva.
Gli accordi che vengono scelti dal tastierista durante l'accompagnamento, il modo in cui vengono piazzati, e anche la scelta di non suonare – l'uso del silenzio come tecnica musicale – sono tutte reazioni dell'accompagnatore a quello che suona il solista, il quale sarà a sua volta influenzato da quelle scelte. Questo tipo di interazione è essenziale nel jazz, e non ne può essere assente.
Move ha la linea melodica strettamente avvolta e carica di tensione di un pezzo bebop, ma questo arrangiamento di John Lewis ne ammorbidisce i contorni taglienti grazie alla leggerezza del fraseggio e dell'armonia, e alla introduzione di una tranquilla melodia secondaria. L'assolo di Davis è conciso e concentrato (si era appuntato le frasi iniziale e finale per essere certo di dar continuità all'assolo nel breve spazio previsto). C'è ancora un residuo di big band convenzionale nei passaggi intorno ai break della batteria di Max Roach, ma l'indipendenza della melodia affidata alla tuba, il modo in cui interagiscono i fiati, e il controllo con cui suona la sezione ritmica sono tutti segnali che c'era nell'aria una alternativa alle big band.