L'artista e la bambina: storia di una scultura
La vera storia della bambina che fece da modella per una delle più celebri sculture di Degas. Un libro che è letteratura e al tempo stesso inchiesta sugli inganni dell’arte e sulla condizione femminile nella rutilante Parigi dell’Ottocento.
Edgar Degas era un pittore già celebre quando nel 1881 presentò al Salone degli Indipendenti, a Parigi, una scultura intitolata Piccola ballerina di quattordici anni.
Partendo dalla storia che ruota intorno alla statuetta, il libro di Camille Laurens intreccia storie di persone, di un paese e di un’epoca. C’è Marie Van Goethem, giovane figlia di immigrati belgi. Vive ai piedi di Montmartre, uno dei quartieri più poveri di Parigi. È allieva del corpo di ballo dell'Opéra, una vita di immane fatica, tra le esercitazioni massacranti, le esibizioni in teatro e le attenzioni bramose degli uomini. Le giovanissime ballerine sono chiamate “passeggiatrici”, una parola che molto spesso anticipa il loro futuro sui marciapiedi. L’altra espressione con cui sono conosciute, petits rats, è un terribile riferimento al passato recente e traumatico della Francia: una decina d’anni prima che Degas esponesse la statua Parigi era stata stretta d’assedio dai prussiani, al termine della catastrofica guerra persa da Napoleone III. In città si soffriva la fame e si mangiava qualsiasi cosa fosse commestibile, compresi i ratti. Un ratto costava normalmente due franchi, la stessa cifra che ricevevano le ballerine per un giorno di lavoro.
C’è Edgar Degas, pittore famoso e apprezzato. Vive anche lui a Pigalle, ma non corrisponde al tipo bohémien, anzi: è un borghese dal solido patrimonio, piuttosto conservatore, discretamente antisemita e antidreyfusardo, legato ai valori dell’esercito e per niente incline al femminismo. Sofferente di un problema agli occhi, predilige la notte, gira con caratteristici occhiali dalle lenti blu, è insofferente alla luce e passa a poco a poco dalla pittura alla scultura, da lui stesso definita «un mestiere da ciechi». Sempre alla ricerca del movimento puro, trova nella cera, modellabile senza fatica e all’infinito, il materiale prediletto. E poi, osserva Camille Laurens, «la cera imita meglio la carne».
C’è la statua, la statua dello scandalo. Il libro riposta la descrizione che ne fece Huysman, un contemporaneo, un testimone: «La testa è colorata, un po’ arrovesciata, il mento levato, la bocca semiaperta in un viso malaticcio e bigio, tirato e vecchio innanzitempo, le mani portate dietro la schiena e unite, il seno piatto modellato da un corsetto bianco la cui stoffa è impastata di cera, le gambe in posizione di lotta, gambe meravigliose abituate agli esercizi, nervose, le punte dei piedi girate in fuori e sormontate a mo’ di padiglione dalla mussola del gonnellino, il collo rigido, stretto da un nastro chiaro, ciocche di capelli ricadono sulle spalle, e la crocchia ornata di un nastro simile a quello del collo sfoggia capelli veri: ecco la ballerina animarsi sotto i nostri occhi, pronta a lasciare il suo piedistallo». È una ballerina in carne e ossa quella modellata da Degas, una giovanissima lavoratrice, non un oggetto di piacere. È una scultura che deve colpire duro le coscienze, la società, il paese.
E il paese, la Francia del dopo Sedan, è la cornice della storia raccontata da Camille Laurens e insieme una storia a sé. Un paese che è passato dai deliri di grandezza del Secondo Impero alla disfatta per mano dei prussiani, con l’esperienza esaltante e tragica della Comune di Parigi a fare da spartiacque. Una società che prova un’attrazione delirante per le ballerine, ne segue avidamente le passioni e le parabole artistiche, ne è affascinata e respinta, le esalta e le disprezza. La Francia borghese di quegli anni ha bisogno di rassicurazione, vuole pensare di essere ancora grande, ha paura del futuro, teme che la gioventù la soppianti. La classe dominante cerca conferme della propria superiorità, e a fornirgliele provvedono le teorie fisiognomiche, che attribuiscono a cause “naturali” la povertà e legittimano la discriminazione.
Rassicurazioni che la Ballerina di Degas di certo non fornisce: «Degas oltrepassa, con la sua scultura, una doppia frontiera simbolica: quella della decenza e quella delle regole accademiche dell’arte. Compie una rivoluzione allo stesso tempo morale ed estetica, infrange i tabù. Da un lato, sceglie un soggetto sulfureo, che offende la morale; d’altro lato, scardina i fondamenti stessi della statuaria».
Una narrazione venata di commozione e di indignazione su un’infanzia negata, che svela gli inganni dell’arte e le ipocrisie del luminoso mondo dello spettacolo.
Camille Laurens è una delle voci più interessanti della letteratura francese contemporanea. Nata nel 1957 a Digione, ha pubblicato dieci romanzi, diversi racconti lunghi, molti saggi, alcuni testi teatrali e parecchi articoli su riviste letterarie. Dal suo romanzo Celle que vous croyez (Quella che vi pare, 2017) è stato tratto un film, diretto da Safy Nebbou, con Juliette Binoche. Ha vinto numerosi premi, fra cui il Prix Femina, il Prix Renaudot des Lycéens, il Prix Éve-Delacroix de l’Académie Française, ed è stata nominata due volte per il Goncourt.