Fornelli & scintille: French Kissing
«Chissà - mi domando, adesso che il traguardo è qui, a portata di mano - se io c'entro davvero qualcosa con quella scuola. O se magari so solo mettere insieme poetici componimenti sui toast al formaggio».
Savannah, Georgia, una cittadina che non ha granché di speciale. Eccetto una scuola: l’Istituto di Arti Culinarie, rinomato in tutti gli Stati Uniti per l’eccellenza, la rigidità delle selezioni e la difficoltà a reggere alle pressioni. Perché l’Istituto di Savannah è strutturato come Masterchef: gare di cucina tra gli studenti, piatti impegnativi da preparare con il cronometro, una giuria di professori severi, esclusione per chi non si dimostra all’altezza. Carter Lane è un’autodidatta dalle grandi abilità e dalle scarse possibilità economiche, ed è stata ammessa ad un corso estivo dell’Istituto; l’unica chance disponibile per farsi ammettere ai corsi ufficiali è quella di vincere la competizione con gli altri concorrenti, ricevendo così una borsa di studio. È brillante, ironica, determinatissima e molto capace. Il fatto è che lo sono anche gli altri. Così, con tutta l'incoscienza e la grinta dei suoi diciassette anni, Carter affronterà una serie di sfide tra prati e ruscelli di un college da cartolina, ma con tutti gli imprevisti e le difficoltà del caso. Tempi impossibili, piatti mai sentiti, ricette-trabocchetto, padelle roventi… Carter è pronta a tutto, già, ma non a Reid Yamada: un rivale tanto agguerrito e subdolo quanto affascinante. Tra dispetti e vendette, tra i due saranno scintille di ogni genere: ai fornelli, di rabbia, e non solo…
La Shrum usa ingredienti di prima qualità: personaggi strepitosi e profondamente umani, luoghi sospesi in cui tutto può accadere, suspense quanto basta. In palio c'è un obiettivo prestigioso che può cambiare la vita: così, ogni emozione sobbolle come un sugo sotto il coperchio, sotto stress ogni gesto ha la potenza di mille aromi. French Kissing è un romanzo cotto a puntino, preparato con materie prime semplici e ricercate in uguale misura, in cui le spezie coprono l’intera gamma dei sentimenti. Ci si innamora del sapore di ogni ingrediente, così come dell’amalgama complessivo: un libro da divorare pagina dopo pagina.
«A me piace cucinare per via del casino. Il grasso che schizza e brucia, le ricette che a volte riescono e a volte no. Butti tutto in padella, e vedi un po' cosa ne esce. Adoro questa mancanza di certezze. Devi riuscire a padroneggiarla questa incertezza, perché il cibo venga come vuoi tu».
«I vostri giudici saranno i professori Freeman, Pearce e Kapoor» prosegue la Lavell. «Domani faremo le presentazioni come si deve. Ma adesso...» si interrompe, guarda l’orologio a muro. «Potete iniziare!»
Mi metto sotto. Toast al formaggio. Con mezz’ora di tempo a disposizione, il segreto sta nel saper aspettare. Se finisco prima, il formaggio fuso rischia di indurirsi. Quindi me la prendo comoda. Con passo flemmatico attraverso la cucina-manicomio, in mezzo a fragori e clangori degni di un campo di battaglia. Mi muovo piano, non c’è motivo di correre. Prendo una bella padella con il fondo spesso, poi vado in dispensa e scelgo una baguette. Che non va tagliata subito, altrimenti le fette si seccano. In effetti, il toast al formaggio richiede una certa indolenza.
Mi dirigo verso il frigorifero e noto Reid lì davanti, la testa infilata dentro. La tira fuori di scatto e mi fissa con occhi vivaci. «Sempre a passo di lumaca, eh, Purple Haze» Mi dà il nome della canzone di Jimi Hendrix, “nebbia viola”. È chiaro che si concentra sul colore dei miei capelli.
«Chi va piano, va sano e va lontano, mio caro».
«Serve qualcosa?» mi chiede con un mezzo sorriso. «Burro. E provolone». Mi lancia un panetto di burro. Venti minuti accanto a un fornello acceso e si ammorbidirà al punto giusto.
«Qui di provolone non ce n’è», mi comunica Reid.
«Non può essere». Aggrotto la fronte, lo spingo via e mi piazzo davanti al frigo. Reid si limita a un’alzata di spalle e si allontana a passo svelto – qualunque cosa stia cucinando, evidentemente ha bisogno di tutti i trenta minuti a disposizione. Mi investe un getto di aria gelida che per poco non mi mette al tappeto, mentre il ronzio del frigo mi penetra sempre più nelle orecchie. C’è di tutto: verdura, frutta, erbe aromatiche, formaggi. Passo in rassegna questi ultimi almeno un miliardo di volte, ma non trovo quello che mi serve. Aveva ragione Reid. Niente provolone. Merda, merda, merdissima! Il segreto del toast al formaggio sta proprio nel provolone!
Il cuore mi parte in quarta. Mi sudano le mani. Il tutto per colpa... del provolone! Non è possibile che non ci abbiano pensato! Questa è una cucina professionale, è come se mancasse il latte. Scusate... abbiamo terminato il pane. Ops, ci siamo dimenticati il sale!
«Allora? Hai finito? Guarda che il frigo serve a tutti», dice un cretino che aspetta dietro di me.
Mi mordo la lingua, tiro fuori della mozzarella e del munster, e torno imprecando alla mia postazione.
«Venti minuti!» annuncia la Lavell. Merda, devo essermela presa davvero comoda.
Posiziono il panetto di burro accanto al fornello acceso di una tizia che ha tutta l’aria di una che sa il fatto suo. Dovrò stare attenta a controllare che non si sciolga completamente inondando tutta la postazione. Poi comincio ad affettare il pane, infierendo sul povero filone come se lo stessi amputando. Devo darmi una calmata, e fare fette più sottili. Non posso contare sul provolone, ma almeno il pane lo devo tagliare come si deve. Le fette, alla fine, riescono alla perfezione. Adesso il tempo stringe davvero: sbatto la padella sul fornello e mentre si scalda imburro le fette una per una.
«Tutto bene?» mi chiede Reid, e per tutta risposta gli ringhio contro. Lui si mette a ridere e torna a cucinare. Qualunque cosa stia preparando, sono certa che gli ingredienti per il suo piatto c’erano tutti.
Scuoto il capo mentre faccio tostare le prime due fette, incollate insieme da un godurioso strato di mozzarella e munster. Per un attimo, il profumo di burro fuso riesce a calmarmi. Questa è la mia bolla felice. Davvero. Va tutto bene, qui. Chiudo gli occhi e mi lascio avvolgere dai mille aromi nell’aria, di dolce e di salato. Poi, uno di questi si fa più intenso... è puzza di bruciato!
Spalanco gli occhi. La mia padella sta fumando! MALEDETTO BURRO! STRAMALEDETTISSIMO BURRO! Metà dei toast si sono bruciati. E mancano otto minuti. Metto la padella sotto l’acqua, imprecando quando la sfioro accidentalmente con il braccio. Scotta! «Tutto bene?» mi chiede la ragazza nella postazione accanto, senza alzare lo sguardo dal suo zucchero a velo. È molto carina, ha l’aria sicura di sé, e pare incredibilmente calma.
«Sì, tutto ok», le rispondo brusca. Un po’ mi secca che qualcuno si sia accorto delle mie sventure. Ma questo non mi impedisce di prenderla subito in simpatia.
Lascio perdere il braccio dolorante, torno alla mia padella appena lavata e aspetto con ansia che si riscaldi di nuovo. Ci stipo dentro un bel po’ di pane, in modo che i bordi dei singoli toast siano ben premuti uno contro l’altro.
Questa volta li tengo d’occhio, i miei toast: non devono assolutamente bruciarsi. Quando li sollevo per girarli sull’altro lato, il calore levatosi dalla padella mi abbrustolisce ancora di più il braccio. Impreco di nuovo, e mi sa che stavolta sentono tutti.
«Due minuti!» grida la Lavell.
Se trasmettessero in diretta dal mio cervello, in questo momento si sentirebbero solo lunghissimi biiip. In pratica, una sequela di parolacce. Mi serve ancora un minuto abbondante per portare i toast a cottura completa, e poi, cavolo, potevo almeno preparare qualche fettina di pancetta caramellata per l’impiattamento.
«Un minuto!»
Non c’è più tempo. Butto i toast in quattro piatti diversi, e quando la Lavell grida Stop! alzo le mani in aria. Passo in rassegna i vari disastri e capolavori disposti lungo il bancone. Il mio non potrebbe avere un’aria più banale. Non avrei dovuto perdere tutto quel tempo all’inizio.
Poi dò un’occhiata al piatto di Reid, e strabuzzo gli occhi. «Cos’è quel formaggio sulle melanzane grigliate?» Lui si limita a guardarmi, poi si gira verso la Lavell. «Vi comunicheremo i nostri giudizi domani, quando vi assegneremo i compiti di squadra. Lasciate pure i vostri piatti sul bancone. Di solito le preparazioni vengono valutate pubblicamente, ma per il momento siete troppi e, almeno finché non sarete divisi in squadre, non è possibile. Quindi potete andare in camera, e vi suggerisco di farvi una bella dormita».
Non riesco a smettere di pensare a quel formaggio. Quando Reid lascia la sua postazione, ecco che mi salta all’occhio: il provolone. Provolone avanzato. Un mucchio di provolone avanzato.